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Cassazione: onere della prova in caso di licenziamento orale


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Con l’ordinanza n. 16013 del 18.05.2022, la Cassazione afferma che il lavoratore che impugni il licenziamento allegandone l'intimazione senza l'osservanza della forma scritta ha l'onere di provare, quale fatto costitutivo della domanda, che la risoluzione del rapporto è ascrivibile alla volontà datoriale, seppure manifestata con comportamenti concludenti, non essendo sufficiente la prova della mera cessazione dell'esecuzione della prestazione.

Il fatto affrontato

La lavoratrice ricorre giudizialmente al fine di sentir dichiarare la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato alle dipendenze della casa di cura e la nullità del licenziamento irrogatole oralmente.
La Corte d’Appello accoglie la predetta domanda, ritenendo provata la natura subordinata del rapporto, in ragione del carattere elementare, ripetitivo e predeterminato delle mansioni svolte dalla ricorrente.

L’ordinanza

La Cassazione – confermando la pronuncia di merito – rileva che, qualora la prestazione lavorativa sia estremamente elementare, ripetitiva e predeterminata nelle sue modalità di esecuzione, non è dirimente, al fine di qualificare il rapporto come autonomo o subordinato, il criterio rappresentato dall'assoggettamento del prestatore all'esercizio del potere direttivo, organizzativo e disciplinare.

In tali casi, continua la sentenza, per ricondurre o meno il rapporto nell’alveo della subordinazione, è necessario far ricorso a criteri distintivi sussidiari, quali la continuità e la durata del rapporto, le modalità di erogazione del compenso, la regolamentazione dell'orario di lavoro, la presenza di una pur minima organizzazione imprenditoriale (anche con riferimento al soggetto tenuto alla fornitura degli strumenti occorrenti) e la sussistenza di un effettivo potere di autorganizzazione in capo al prestatore.

Secondo i Giudici di legittimità, in caso di esito positivo di detta prova, l’estromissione del prestatore dal rapporto non può avvenire oralmente, pena l’inefficacia del recesso.

Su tali presupposti, la Suprema Corte rigetta il ricorso della casa di cura datrice, confermando la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato e la nullità del licenziamento irrogato oralmente.

A cura di Fieldfisher