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Cassazione: licenziamento per g.m.o. e ricerca di una maggiore redditività dell’impresa


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Con l’ordinanza n. 17173 del 26.05.2022, la Cassazione afferma che, ai fini della legittimità del licenziamento per g.m.o., il datore deve dimostrare soltanto che le ragioni sottese al recesso, anche se volte alla ricerca di una maggiore produttività, portino alla reale soppressione di una determinata posizione lavorativa.

Il fatto affrontato

Il lavoratore impugna giudizialmente il licenziamento per giustificato motivo oggettivo, irrogatogli per esubero di maestranze nel suo settore di adibizione a causa della flessione di mercato e della perdita di fatturato e clienti.
La Corte d’Appello rigetta la predetta domanda, sostenendo - tra le altre cose - che le nuove assunzioni effettuate a seguito del recesso si erano verificate a distanza di un anno dallo stesso, con contratto a tempo determinato ed erano coincise con le dimissioni di un’altra lavoratrice.

L’ordinanza

La Cassazione ritiene di non poter aderire alla censura avanzata dal ricorrente, secondo la quale il licenziamento sarebbe illegittimo perché giustificato soltanto dalla ricerca di una maggiore redditività da parte dell’impresa.

Invero, per la sentenza, ai fini della legittimità del licenziamento individuale per g.m.o., l’andamento economico negativo dell’azienda non costituisce un presupposto fattuale che il datore deve necessariamente provare.

Secondo i Giudici di legittimità è, infatti, sufficiente che le ragioni inerenti all’attività produttiva e all’organizzazione del lavoro, comprese quelle dirette ad una migliore efficienza gestionale ovvero ad un incremento della redditività, determinino un effettivo mutamento dell’assetto organizzativo attraverso la soppressione di un’individuata posizione lavorativa.

Su tali presupposti, la Suprema Corte rigetta il ricorso del lavoratore, confermando la legittimità del recesso irrogatogli.

A cura di Fieldfisher