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Cassazione: Licenziamento illegittimo in caso di mancata prova della ricezione della contestazione disciplinare


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Con la sentenza n. 1632 del 23.01.2018, la Cassazione afferma l’illegittimità del licenziamento disciplinare in caso di mancata prova della ricezione, da parte del lavoratore, della lettera di contestazione, posta alla base del relativo procedimento conclusosi con l’irrogazione della sanzione espulsiva.

Il fatto affrontato

Al lavoratore viene irrogato un licenziamento disciplinare al termine del relativo procedimento, scaturito da una lettera di contestazione, per la quale manca la prova della ricezione da parte del dipendente. La suddetta prova non risulta desumibile, neppure, dall’esistenza di una lettera a firma del segretario di un’Organizzazione Sindacale che chiedeva di assistere il prestatore in relazione ad una generica contestazione disciplinare.

La sentenza

La Corte di Cassazione – confermando quanto stabilito dal Tribunale e dalla Corte d’Appello – ha ritenuto illegittimo il licenziamento disciplinare in assenza di prova certa della ricezione della lettera di contestazione da parte del lavoratore.

Ribadendo sue precedenti decisioni, la Suprema Corte ha affermato che, in presenza di atti giuridici recettizi, quale è una lettera di contestazione, è richiesta la prova della conoscibilità degli stessi ai destinatari, desumibile anche mediante presunzioni, a condizione, però, che queste presentino le caratteristiche della gravità, univocità e concordanza, di cui all’art. 2729 c.c.

Secondo i Giudici di legittimità, pertanto, la presunzione di conoscenza non può essere fondata né sull’utilizzo del servizio postale per la spedizione della lettera de qua (salvo il caso in cui si utilizzino particolari modalità per la trasmissione dell’atto, quali la raccomandata con o senza avviso di ricevimento o il telegramma) né tantomeno sulla presenza della missiva di un sindacalista che richiedeva di assistere il dipendente in presenza di una contestazione.

Ciò in quanto, la circostanza che il lavoratore possa aver avuto cognizione di un lettera di contestazione nei suoi confronti, non assolve certo la funzione propria di quest’ultima: ovvero dare al prestatore la possibilità di difendersi su un addebito mossogli in maniera chiara e precisa, con dovizia di particolari anche da un punto di vista spazio-temporale.

Sulla scorta delle suddette argomentazioni, la Corte ha rigettato il ricorso proposto dalla Società datrice di lavoro.

A cura di Fieldfisher