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Cassazione: La sproporzione del licenziamento comporta l’applicazione della tutela obbligatoria piena, ex art. 18, c.5, L. 300/1970


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Con l'ordinanza n. 297 del 09.01.2018, la Cassazione afferma che, in caso di licenziamento disciplinare illegittimo, a causa della sproporzione della misura espulsiva rispetto all’entità del fatto contestato al lavoratore, debba applicarsi non già la tutela obbligatoria attenuata prevista per vizi procedurali dal 6° comma dell’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori, ma quella piena di cui al precedente 5° comma.

Il fatto affrontato

Il lavoratore viene licenziato a seguito di un’accesa discussione con un collega avvenuta nei locali aziendali e proseguita con un violento litigio, sfociato in rissa con uso di armi da taglio, all’esterno dell’azienda.

L’ordinanza

La Cassazione ha confermato la statuizione con cui la Corte di Appello di Milano ha affermato l’illegittimità del licenziamento, per la non ricorrenza degli estremi della giusta causa addotta alla base della sanzione espulsiva, stante la rilevanza, ai fini disciplinari, esclusivamente dei comportamenti tenuti dai lavoratori all’interno del perimetro aziendale e l’inutilizzabilità, a tal proposito, delle azioni svoltesi esternamente.

La Suprema Corte, inoltre, ha censurato la pronuncia di merito nella parte in cui la stessa ha riconosciuto al lavoratore, illegittimamente licenziato, soltanto sei mensilità, applicando la c.d. tutela obbligatoria attenuata, prevista dal 6° comma dell’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori, così come novellato dalla l. 92/2012, soltanto in presenza di vizi procedurali del recesso datoriale.

Sul punto, la sentenza, in accoglimento del ricorso proposto, hanno affermato che in caso di licenziamento illegittimo per essere la misura espulsiva sproporzionata rispetto all’entità del fatto censurato, debba applicarsi la tutela obbligatoria piena (indennità risarcitoria onnicomprensiva determinata tra un minimo di dodici ed un massimo di ventiquattro mensilità) prevista dal 5° comma dell’art. 18, l. 300/1970, in tutti i casi in cui si ravvisi la mancanza degli estremi della giusta causa o del giustificato motivo (casi diversi da quelli di cui al precedente comma 4° -insussistenza del fatto contestato ovvero punibilità del fatto con sanzione conservativa secondo il contratto collettivo – che comportano il diritto alla reintegrazione).

Su tali presupposti, la Cassazione ha disposto la rimessione della causa in appello per la corretta determinazione dell’indennizzo spettante al lavoratore.

A cura di Fieldfisher