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Cassazione: la discrezionalità della PA nell’irrogazione del licenziamento per le condotte tipizzate dal CCNL


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Con la sentenza n. 17600 del 21.06.2021, la Cassazione afferma che, in presenza di una infrazione tipizzata per cui il CCNL prevede la sanzione del licenziamento, residua comunque in capo all’Amministrazione datrice un margine di discrezionalità per valutare la sussistenza di scriminanti in ordine all’elemento intenzionale o colposo.

Il fatto affrontato

Il lavoratore impugna giudizialmente il licenziamento irrogatogli per assenza dal servizio priva di valida giustificazione nei giorni 22-25 ottobre 2013, al termine di un periodo di malattia.
La Corte d’Appello respinge la predetta domanda, ritenendo – tra le altre cose – il recesso tempestivo, dal momento che il termine per l’inizio (40 giorni) e la conclusione (120 giorni) del procedimento disciplinare decorre solo dal momento in cui l’UPD (l’Unità responsabile per i procedimenti disciplinari) ha notizia dell’infrazione.

La sentenza

La Cassazione - confermando quanto stabilito dalla Corte d’Appello - rileva, preliminarmente, che il legislatore del 2009, con l'art. 55-quater, del D.Lgs. 165/2001, ha introdotto una tipizzazione di fattispecie di illeciti disciplinari – tra cui anche l’assenza non giustificata per più di tre giorni – per i quali è prevista l'applicazione del licenziamento.

Secondo i Giudici di legittimità, detta norma - pur cristallizzando dal punto di vista oggettivo la gravità della sanzione in presenza di specifiche di condotte del lavoratore - consente la verifica, caso per caso, della sussistenza dell'elemento intenzionale o colposo.

In altri termini, residua per la PA datrice un margine di discrezionalità per valutare se ricorrono elementi che assurgono a “scriminante” della condotta tenuta dal dipendente.

Per la sentenza, con riguardo all'assenza non giustificata, l’Amministrazione deve, quindi, sempre valutare la ricorrenza o meno di circostanze tali da impedire lo svolgimento dell'attività lavorativa, che possano giustificare la condotta tenuta dal lavoratore seppur coincidente con la tipizzazione (oggettiva) effettuata dal legislatore.

Su tali presupposti, la Suprema Corte rigetta il ricorso del dipendente, ritenendo che dette circostanze scriminanti non ricorrano nel caso di specie.

A cura di Fieldfisher