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Cassazione: La contestazione intempestiva comporta l’applicazione della tutela indennitaria ex art. 18, c.5, L. 300/1970.


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La Cassazione, con la sentenza delle Sezioni unite n. 30985 del 28 dicembre 2017, ha statuito che la dichiarazione giudiziale di risoluzione del licenziamento disciplinare conseguente all'accertamento di un ritardo notevole e non giustificato della contestazione dell'addebito posto a base dello stesso provvedimento di recesso - ricadente nella disciplina dell'art. 18 della l. n. 300 del 1970, così come modificato dal comma 42 dell'art. 1 della l. n. 92 del 28.6.2012 - comporta l'applicazione della tutela indennitaria prevista dal comma 5 dell’art. 18.

Il fatto affrontato

Il lavoratore è licenziato per giusta causa ed impugna il licenziamento irrogatogli dal proprio datore di lavoro, eccependo al medesimo di aver proceduto tardivamente alla formulazione dell’addebito disciplinare dopo aver atteso ben due anni dalla data di effettiva conoscenza dei fatti addebitati.

La sentenza

Le Sezioni Unite provvedono ad individuare la tutela applicabile in caso di tardività della contestazione disciplinare. Sul tema, si sono registrati vari orientamenti, fra i quali uno che, negando carattere sostanziale al vizio di intempestività della contestazione disciplinare, ha considerato applicabile al licenziamento illegittimo solo la tutela indennitaria di cui all’art. 18, comma 6, l. 300/1970 (risoluzione del rapporto di lavoro con attribuzione al lavoratore di un’indennità risarcitoria onnicomprensiva tra un minimo di sei e un massimo di dodici mensilità) e un altro che, ritenendo la tempestività della contestazione elemento costitutivo del licenziamento, ha ritenuto al contrario applicabile la reintegrazione del lavoratore in azienda a norma dell’art. 18, comma 4, l. 300/1970. Preliminarmente, le Sezioni Unite rilevano che, qualora venga accertata la sussistenza dell’indebito disciplinare contestato, deve essere esclusa l’applicazione della tutela reintegratoria e ciò anche nel caso in cui l’addebito sia stato contestato tardivamente. Ad avviso della Corte, per ottenere la reintegrazione del posto di lavoro il licenziamento irrogato deve risultare palesemente infondato per accertata insussistenza del fatto contestato. In tutti i casi in cui è, invece, constatata la sola non tempestività dell’addebito disciplinare, deve trovare applicazione la tutela indennitaria c.d. forte, prevista dal comma 5 dell’art. 18 L. 200/1970, con conseguente riconoscimento al lavoratore di un’indennità ricompresa tra 12 e 24 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto. Ciò per due ordini di motivi: in primo luogo, perché la tardività della contestazione disciplinare pone a serio rischio l’esercizio del legittimo diritto di difesa del lavoratore impedendo al medesimo di contrastare efficacemente il contenuto degli addebiti ricevuti; in secondo luogo, perché il decorso di un lasso temporale eccessivo tra la conoscenza dei fatti disciplinarmente rilevanti da parte del datore di lavoro e la contestazione dei medesimi al lavoratore compromette, in spregio dei basilari canoni di buona fede e correttezza ex artt. 1175 e 1375 c.c., il legittimo affidamento che il prestatore può aver maturato in ordine all’assenza di rilevanza disciplinare dei fatti imputatigli e alla conseguente rinuncia del datore di lavoro a muovere nei suoi confronti una contestazione disciplinare.

 

A cura di Fieldfisher