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Cassazione: in caso di inidoneità sopravvenuta, il datore deve cercare una posizione alternativa


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Con l’ordinanza n. 15002 del 29.05.2023, la Cassazione afferma che, in caso di licenziamento per sopravvenuta inidoneità alla mansione, il datore viola l’obbligo di repechage se non dimostra di aver verificato i possibili adattamenti organizzativi che consentono di salvare il posto al dipendente.

Il fatto affrontato

La lavoratrice impugna giudizialmente il licenziamento irrogatole per sopravvenuta parziale inidoneità fisica allo svolgimento delle mansioni di operatrice socio sanitaria.
La Corte d’Appello accoglie la predetta domanda, sul presupposto che la Cooperativa datrice aveva violato l’obbligo di verificare la possibilità di effettuare adattamenti organizzativi ragionevoli onde trovare una sistemazione adeguata alle condizioni di salute della ricorrente.

L’ordinanza

La Cassazione – nel confermare la pronuncia di merito – rileva, preliminarmente, che il datore di lavoro ha l'onere di provare la sussistenza delle giustificazioni del recesso, dimostrando non solo il sopravvenuto stato di inidoneità del lavoratore, ma anche l'impossibilità di adibirlo a mansioni (eventualmente inferiori) compatibili con il suo stato di salute.

Secondo i Giudici di legittimità, con riferimento a quest’ultimo profilo, parte datoriale deve, altresì, dimostrare l'impossibilità di adottare accomodamenti organizzativi ragionevoli per trovare una soluzione appropriata in grado di scongiurare il licenziamento.

In altre parole, per la sentenza, il datore deve dimostrare di aver posto in essere atti o operazioni strumentali all'avveramento dell'accomodamento ragionevole, tali da indurre nel giudice il convincimento di aver compiuto uno sforzo diligente ed esigibile.

Non ritenendo assolto tale onere nel caso di specie, la Suprema Corte rigetta il ricorso proposto dalla Cooperativa e conferma l’illegittimità del licenziamento.

A cura di Fieldfisher