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Cassazione: illegittimo il licenziamento del lavoratore che non paga uno snack


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Con l’ordinanza n. 17288 del 27.05.2022, la Cassazione afferma che le previsioni dei contratti collettivi che prevedono il licenziamento in presenza di determinate condotte non sono vincolanti in senso sfavorevole al dipendente.

Il fatto affrontato

Il lavoratore impugna giudizialmente il licenziamento irrogatogli per aver prelevato uno snack dall'espositore adiacente alla cassa ove operava ed averlo mangiato, senza pagare il corrispettivo di € 0,70.
La Corte d’Appello accoglie la predetta domanda, ritenendo non proporzionato il recesso anche a fronte dell’assenza di alcun intento frodatorio in capo al ricorrente.

L’ordinanza

La Cassazione rileva, preliminarmente, che – al fine di sindacare la legittimità o meno di un licenziamento – non è sufficiente che l'indagine del giudice sia limitata alla verifica della riconducibilità del fatto addebitato alle disposizioni della contrattazione collettiva che consentono l'irrogazione del recesso.

Secondo i Giudici di legittimità, infatti, è sempre necessario valutare in concreto se il comportamento tenuto dal lavoratore, per la sua gravità, sia suscettibile di scuotere la fiducia del datore e di far ritenere che la prosecuzione del rapporto si risolva in un pregiudizio per gli scopi aziendali.

In altri termini - per la sentenza - le previsioni dei contratti collettivi hanno una valenza esemplificativa e non precludono l'autonoma valutazione del giudice di merito in ordine alla idoneità delle specifiche condotte a compromettere il vincolo fiduciario tra datore e lavoratore, con il solo limite che non può essere irrogato un licenziamento per giusta causa quando questo costituisca una sanzione più grave di quella prevista dal CCNL in relazione ad una determinata infrazione.

Su tali presupposti, la Suprema Corte rigetta il ricorso proposto dalla società, confermando l’illegittimità del licenziamento irrogato.

A cura di Fieldfisher