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Cassazione: il pubblico dipendente è licenziabile anche una volta andato in pensione


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Con la sentenza n. 18944 del 05.07.2021, la Cassazione afferma che, nel rapporto di lavoro pubblico, è possibile l’irrogazione di un recesso disciplinare anche dopo il collocamento a riposo del dipendente, rispondendo detta circostanza ai principi di legalità, buon andamento e imparzialità della PA.

Il fatto affrontato

Il lavoratore impugna giudizialmente il licenziamento irrogatogli - a seguito della riapertura del procedimento disciplinare, rimasto sospeso per 14 anni in attesa della definizione del processo penale basato sui medesimi accadimenti - allorquando era già andato in pensione.
La Corte d’Appello rigetta la predetta domanda, sul presupposto che, pur in presenza del collocamento a riposo del dipendente, permane in capo al datore di lavoro pubblico il potere disciplinare.

La sentenza

La Cassazione - confermando quanto stabilito dalla Corte d’Appello - rileva preliminarmente che, nel pubblico impiego contrattualizzato, qualora sia stata disposta la sospensione del procedimento disciplinare in attesa degli esiti di quello penale, l'interesse all'esercizio dell'azione da parte della pubblica amministrazione datrice permane anche nell'ipotesi di sopravvenuto collocamento in quiescenza del dipendente.

Secondo i Giudici di legittimità, detta circostanza trova il proprio fondamento non solo nella necessità di dare certezza agli assetti economici tra le parti, ma anche nell’esigenza di tutela dell’immagine del datore di lavoro pubblico, tenuto ad intervenire a salvaguardia di interessi collettivi di rilevanza costituzionale, che trascendono dal rapporto già cessato.

Per la sentenza, dunque, la PA datrice ha l'onere di attivare o riprendere l'iniziativa disciplinare al fine di valutare autonomamente l'incidenza dei fatti già sottoposti al giudizio penale.
Ciò a maggior ragione, nel caso in cui sia stata disposta la sospensione cautelare del lavoratore, che – in caso di mancata definizione del procedimento disciplinare – avrebbe diritto a recuperare le differenze stipendiali fra l'assegno alimentare percepito e la retribuzione piena che sarebbe spettata in assenza della misura cautelare.

Su tali presupposti, la Suprema Corte rigetta il ricorso del lavoratore, confermando la legittimità del recesso, seppur irrogatogli dopo il collocamento a riposo.

A cura di Fieldfisher