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Cassazione: il giudice non è vincolato dalla tipizzazione della giusta causa contenuta nel CCNL


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Con la sentenza n. 18195 del 05.07.2019, la Cassazione afferma che, ai fini dell’apprezzamento della giusta causa di licenziamento, il giudice non è vincolato dalla tipizzazione contenuta nel CCNL, ma è tenuto piuttosto a svolgere, in concreto, un’indagine sulla gravità della condotta e sulla proporzionalità della sanzione irrogata.

Il fatto affrontato

La lavoratrice impugna giudizialmente il licenziamento per giusta causa irrogatole per aver agito in violazione di specifiche norme aziendali.
La Corte d'Appello accoglie la predetta domanda, non ritenendo integrata alcuna delle ipotesi contemplate nella contestazione disciplinare per cui, in base al CCNL applicato, era prevista la sanzione del licenziamento.

La sentenza

La Cassazione, ribaltando quanto stabilito dalla Corte d’Appello, afferma che, in materia disciplinare, non è vincolante la tipizzazione contenuta nella contrattazione collettiva ai fini dell'apprezzamento della giusta causa di recesso.

Secondo la sentenza, infatti - a prescindere dalle declaratorie del CCNL - ben può il giudice, nell'ambito della sua attività sussuntiva e valutativa, considerare se la condotta sia tanto grave da ledere irreparabilmente il vincolo fiduciario e se la sanzione comminata sia proporzionale rispetto all’infrazione commessa.
Conditio sine qua non è che, in tale giudizio, vengano valorizzati elementi concreti, di natura oggettiva e soggettiva, della fattispecie, coerenti con la scala valoriale espressa dal contratto collettivo e con i principi radicati nella coscienza sociale.

Spetta, dunque, al giudice di merito valutare la congruità della sanzione espulsiva non sulla base di una considerazione astratta del fatto addebitato, ma tenendo conto di ogni aspetto concreto della vicenda processuale che, alla luce di un apprezzamento unitario e sistematico, risulti sintomatico della sua gravità rispetto ad un'utile prosecuzione del rapporto di lavoro.

Applicando tali principi al caso di specie, la Suprema Corte – in accoglimento del ricorso proposto dalla società – cassa con rinvio la sentenza impugnata, stante l’assenza, nel giudizio di merito, di qualsivoglia indagine sull'intensità dell'elemento psicologico nel comportamento consapevole e volontario di violazione della normativa interna da parte della dipendente e sul nesso tra condotta e pregiudizio per la regolarità del servizio svolto.

A cura di Fieldfisher