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Cassazione: condizioni di legittimità del licenziamento del dirigente


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Con la sentenza n. 31526 del 03.12.2019, la Cassazione afferma che un dirigente può essere legittimamente licenziato ogniqualvolta sussista un’esigenza economica apprezzabile in termini di risparmio, senza la necessità che tale scelta debba inserirsi all’interno di un periodo di crisi aziendale.

Il fatto affrontato

Il lavoratore, dirigente presso un Istituto bancario, impugna giudizialmente il licenziamento irrogatogli a fronte di esigenze riorganizzative consistenti nella riduzione delle posizioni dirigenziali.
A fondamento della predetta domanda, il medesimo deduce il carattere ritorsivo del recesso, intimatogli a pochi giorni di distanza dal suo rifiuto all’offerta della banca di rescissione del contratto con contestuale riassunzione nel livello di quadro direttivo.

La sentenza

La Cassazione, ribaltando quanto stabilito dalla Corte d’Appello, afferma che nell'ipotesi di licenziamento individuale del dirigente d'azienda - secondo quanto previsto dall'art. 10 della I. 604/1966 - non trova applicazione la disciplina generale in materia di licenziamenti.
La nozione di giustificatezza del recesso si discosta, infatti, da quella di giustificato motivo ed è ravvisabile laddove, da un lato, sussista l'esigenza, economicamente apprezzabile in termini di risparmio, della soppressione della figura dirigenziale in attuazione di un riassetto societario e, dall’altro, non emerga, in base ad elementi oggettivi, la natura discriminatoria o contraria a buona fede della riorganizzazione.

Secondo i Giudici di legittimità, invero, il licenziamento del dirigente può fondarsi su ragioni oggettive che non devono necessariamente coincidere con l'impossibilità della continuazione del rapporto o con una situazione di crisi tale da rendere particolarmente onerosa detta continuazione.

Per la sentenza, il giudice deve, dunque, misurare la legittimità del licenziamento sulla base del principio di correttezza e buona fede, limitandosi al controllo sull'effettività delle scelte imprenditoriali poste a base del recesso senza poter sindacare il merito di tali scelte, garantite dal precetto di cui all'art. 41 Cost.

Non avendo la pronuncia di merito fatto corretta applicazione dei predetti principi, la Suprema Corte accoglie il ricorso della banca datrice.

A cura di Fieldfisher