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Cassazione: risarcito il dipendente reintegrato in una mansione inferiore a quella svolta prima del licenziamento


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Con l’ordinanza n. 6750 del 10.03.2020, la Cassazione afferma che il lavoratore, illegittimamente licenziato, che venga reintegrato in una posizione inferiore rispetto a quella ricoperta prima del recesso, ha diritto ad ottenere il risarcimento del danno provocatogli con il demansionamento.

Il fatto affrontato

Il lavoratore ricorre giudizialmente al fine di ottenere il risarcimento dei danni subiti per effetto del demansionamento, consistente nel non essere stato reintegrato - all'esito della sentenza di accertamento dell’illegittimità del licenziamento irrogatogli - nella posizione direttiva precedentemente rivestita.

L’ordinanza

La Cassazione afferma, preliminarmente, che il lavoratore che richieda il risarcimento del danno biologico, a causa della mancata reintegra nel posto di lavoro occupato prima dell’illegittima irrogazione del licenziamento, è tenuto a fornire:
- la prova dell'inadempimento datoriale;
- la prova della malattia conseguentemente contratta;
- la prova della dipendenza di quest'ultima dal demansionamento subito.

Secondo i Giudici di legittimità, qualora il dipendente riesca ad assolvere al predetto onere probatorio, lo stesso ha diritto al riconoscimento del ristoro del danno biologico.
Detto risarcimento deve essere posto interamente in capo al datore, ogniqualvolta la relativa quantificazione non arrivi al 6%, soglia a partire dalla quale l'invalidità è indennizzabile, invece, dall'INAIL.

Per la sentenza, diversamente, non è risarcibile anche il danno alla professionalità, se il dipendente non riesce a dimostrare che la condotta datoriale è stata di ostacolo alla progressione della sua carriera o alla realizzazione delle proprie aspettative lavorative sulle quali aveva sino a quel momento investito le energie.

A cura di Fieldfisher