Stampa

Cassazione: risarcimenti separati per demansionamento ed illegittima collocazione in cassa integrazione


icona

Con l’ordinanza n. 20466 del 28.09.2020, la Cassazione afferma che la privazione delle mansioni, anche se interviene nell’ambito di periodi di fruizione a rotazione di CIG, costituisce un danno autonomamente risarcibile rispetto al versamento della retribuzione piena per illegittima collocazione in cassa integrazione.

Il fatto affrontato

La lavoratrice ricorre giudizialmente al fine di:
- sentir dichiarare l'illegittimità della collocazione in CIG per i periodi compresi tra il febbraio 2009 ed il maggio 2011 e, per l’effetto, ottenere il pagamento delle somme corrispondenti alla differenza fra quanto spettante a titolo di retribuzioni e quanto percepito, nei medesimi periodi, a titolo di indennità di cassa integrazione;
- richiedere il risarcimento del danno per il demansionamento subito, nel medesimo arco temporale, a causa dell’inattività impostale durante i periodi in cui non si trovava in CIG.
La Corte d’Appello accoglie solo parzialmente la predetta domanda, ritenendo che il risarcimento del danno professionale fosse assorbito dal pagamento della retribuzione piena per i periodi di cassa.

L’ordinanza

La Cassazione - nel ribaltare la statuizione della Corte d’Appello - afferma che il risarcimento del danno da demansionamento ed il ristoro patrimoniale per illegittima collocazione in cassa integrazione non possono sovrapporsi, essendo ricollegati a differenti violazioni.

Secondo i Giudici di legittimità, infatti, la forzata inattività - anche se si colloca nel perimetro dei periodi di rotazione durante la cassa integrazione - costituisce autonoma violazione del precetto di cui all’art. 2103 c.c.
In particolare, l’imposta inattività viola il precetto costituzionale del diritto al lavoro, che mantiene inalterata la sua funzione di fondamentale mezzo di estrinsecazione della personalità nel contesto professionale, anche se si colloca nell’ambito di periodi di fruizione alternata di qualsivoglia forma di integrazione salariale.

Per la sentenza, ne consegue che il risarcimento del danno da demansionamento mantiene la sua autonoma sfera risarcitoria e non può essere sostituito dal ristoro dovuto al lavoratore per la violazione delle regole sul ricorso alla cassa integrazione.

Su tali presupposti, la Suprema Corte accoglie il ricorso proposto dalla dipendente, riconoscendo il diritto della stessa ad ottenere una diversa somma a titolo di danno professionale.

A cura di Fieldfisher