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Cassazione: per il dipendente che crea un software fuori dal rapporto di lavoro è prevista la tutela del diritto d’autore


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Con l’ordinanza n. 8694 del 09.04.2018, la Cassazione afferma che è attribuito al datore di lavoro il diritto di utilizzazione esclusiva del software ideato dal dipendente, a condizione che l'opera sia riferibile all'esercizio delle mansioni espletate o sia stata creata a seguito di istruzioni impartite dallo stesso datore. Laddove, invece, il programma sia stato elaborato al di fuori del rapporto di lavoro, l’autore-prestatore potrà agire con le azioni specifiche previste a tutela del diritto d’autore per vedersi riconosciute le relative spettanze economiche.

Il fatto affrontato

Il lavoratore ricorre giudizialmente al fine di vedersi riconoscere il diritto all’indennizzo, ex art. 2041 c.c., per l’ideazione e l’elaborazione di due programmi informatici poi utilizzati dall’azienda datrice.

L’ordinanza

La Cassazione, confermando la pronuncia della Corte di Appello, afferma, preliminarmente, che l'azione generale di arricchimento, disciplinata dall'art. 2041 c.c., ha natura complementare e sussidiaria, potendo essere esercitata solo quando manchi un titolo specifico sul quale possa essere fondato un diritto di credito, con la conseguenza che il giudice, anche d'ufficio, deve accertare che non sussista altra specifica azione.

In ordine al tema dei software, invece, i Giudici di legittimità statuiscono che gli stessi sono protetti come opere letterarie, ai sensi dell'art. 1 della l. 633/1941 (come modificato dall'art. 1 del d.lgs. 518/1992). In linea generale, quindi, la loro creazione attribuisce all'autore il diritto esclusivo di utilizzare l'opera, anche a fini economici.
Tale principio generale subisce, però, una deroga, visto che è attribuito al datore di lavoro il diritto di utilizzazione esclusiva del programma o della banca dati, a condizione che l'opera sia riferibile all'esercizio delle mansioni assegnate o sia stata creata a seguito di istruzioni impartite dallo stesso datore.

Ove, invece, non sussistano i presupposti richiesti dalla norma derogatoria, come ad esempio quando l’opera intellettuale sia stata creata al di fuori dell'orario e del rapporto di lavoro, torna ad espandersi la disciplina di carattere generale e, quindi, l'autore-prestatore avrà a disposizione le azioni specifiche previste dagli artt. 156 e seguenti della stessa legge n. 633/1941.

Su tali presupposti, visto che, nel caso di specie, il lavoratore avrebbe dovuto agire ai sensi della normativa di settore sopra richiamata e non utilizzare, inammissibilmente, l'azione generale di arricchimento, la Suprema Corte ha rigettato il ricorso proposto dal medesimo.

A cura di Fieldfisher