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Cassazione: in caso di demansionamento risarcibile anche l’importo versato dal dipendente per riscattare la laurea


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Con l’ordinanza n. 19923 del 23.07.2019, la Cassazione afferma che, in caso di demansionamento, il dipendente emarginato, costretto ad anticipare la pensione, ha diritto a vedersi riconosciuta - a titolo di danno patrimoniale - una somma pari all’importo versato per riscattare gli anni di università.

Il fatto affrontato

Il lavoratore ricorre giudizialmente al fine di ottenere il risarcimento del danno cagionatogli dal demansionamento subìto ad opera della società datrice.
Sia il Tribunale che la Corte di Appello accolgono la predetta domanda, liquidando a titolo di danno patrimoniale una somma pari all’importo versato dal dipendente all’INPS per il riscatto degli anni universitari, onde accedere quanto prima al pensionamento anticipato e porre in tal modo fine alla situazione di degrado ed emarginazione professionale.

L’ordinanza

La Cassazione non ritiene di aderire al motivo di censura mosso alla pronuncia di merito da parte della società, secondo cui la scelta del pensionamento costituiva frutto di libera determinazione del dipendente che elideva il nesso eziologico tra la perdita patrimoniale ed il comportamento aziendale.

Secondo i Giudici di legittimità, infatti, in caso di accertato demansionamento professionale del lavoratore in violazione dell'art. 2103 c.c., è possibile determinare l'entità del relativo danno - avente natura patrimoniale e il cui onere di allegazione incombe sul lavoratore - anche in via equitativa.
Ciò una volta desunta l'esistenza dello stesso mediante un processo logico - giuridico attinente alla formazione della prova, anche presuntiva, in base agli elementi di fatto relativi alla qualità e quantità della esperienza lavorativa pregressa, al tipo di professionalità colpita, alla durata del demansionamento, all'esito finale della dequalificazione e alle altre circostanze del caso concreto.

Applicando i predetti principi al caso di specie, la sentenza ritiene provata una diretta relazione tra la situazione di emarginazione professionale e la scelta del dipendente di accedere anticipatamente al trattamento pensionistico.

Su tali presupposti, la Suprema Corte respinge il ricorso proposto dalla società e conferma l’impugnata pronuncia, ritenendo coerente e logica la quantificazione del danno patrimoniale corrispondente ai costi sostenuti dal lavoratore.

A cura di Fieldfisher