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Cassazione: demansionamento, onere probatorio e diritto al risarcimento del danno


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Con la sentenza n. 17365 del 03.07.2018, la Cassazione afferma che in caso di denunciato demansionamento da parte del lavoratore, grava sul datore l’onere di provare l’esatto adempimento del proprio obbligo, ex art. 2103 c.c. In caso di mancato assolvimento di detto onere, il dipendente coinvolto avrà diritto al relativo risarcimento del danno.

Il fatto affrontato

Il lavoratore ricorre giudizialmente al fine di ottenere il risarcimento del danno da parte della società datrice, a causa del demansionamento subito.
Alla base della suddetta domanda, sostiene di essere stato adibito, nonostante la sua specializzazione, a meri compiti manuali con privazione dell’apporto collaborativo nel contesto aziendale.
Ulteriormente, adduce di esser stato anche discriminato, avendo previsto la società, soltanto per lui, un nuovo orario con ben sei ore di pausa che, abitando lontano, lo costringono a restare sul posto di lavoro senza svolgere alcuna attività.

La sentenza

La Cassazione, confermando quanto stabilito dalla Corte d’Appello, afferma che, contrariamente a quanto sostenuto dalla società nei motivi d’impugnazione, quando il prestatore alleghi un demansionamento riconducibile ad un inesatto adempimento dell'obbligo gravante sul datore di lavoro ai sensi dell'art. 2103 c.c., incombe su quest'ultimo l'onere di provare l'esatto adempimento del proprio obbligo.
Onere assolvibile o attraverso la prova della mancanza in concreto del demansionamento, ovvero attraverso la prova che il mutamento è giustificato dal legittimo esercizio dei poteri imprenditoriali o disciplinari.

Secondo la sentenza, laddove il suddetto onere non venga assolto il lavoratore ha diritto a vedersi riconosciuto il relativo risarcimento del danno.
Quest’ultimo può essere liquidato dal giudice di merito anche in via equitativa, mediante un processo logico-giuridico basato su elementi di fatto relativi alla qualità e quantità dell’esperienza lavorativa pregressa, al tipo di professionalità colpita, alla durata del demansionamento, all'esito finale della dequalificazione ed alle altre circostanze del caso concreto.

Su tali presupposti, non avendo la società datrice assolto il proprio onere probatorio, la Suprema Corte rigetta il ricorso proposto dalla stessa, confermando il diritto del lavoratore a vedersi riconosciuto il risarcimento del danno.

A cura di Fieldfisher