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Cassazione: nessuna responsabilità societaria se l’infortunio non è generato dall’intento di massimizzare i profitti


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Con la sentenza n. 22256 del 04.08.2021, la Cassazione penale afferma che la società non deve essere ritenuta responsabile per l’incidente subito dal proprio dipendente, nell’ipotesi in cui la violazione delle norme antinfortunistiche non sia dettata dall’intenzione di risparmiare sui costi, massimizzando i profitti.

Il fatto affrontato

L’imprenditore viene dichiarato colpevole del reato di lesioni colpose, aggravate dalla violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, a seguito dell’incidente occorso ad un proprio dipendente, colpito da un muletto meccanico condotto da un altro collega.
La Corte d’Appello, in particolare, giunge alla pronuncia di condanna, ritenendo che le lesioni siano conseguenti alla violazione del combinato disposto di cui agli artt. 63 e 64, comma 1, D.Lgs. 81/2008, per non avere parte datoriale organizzato i luoghi di lavoro in maniera conforme.
Sulla scorta di ciò, dichiara la responsabilità anche dell’ente, ai sensi del D.Lgs. 231/2001, sul presupposto che la predetta omissione sia stata posta in essere per perseguire un maggior profitto.

La sentenza

La Cassazione - nel ribaltare la statuizione della Corte d’Appello - rileva, preliminarmente, che la responsabilità della società, prevista dal D.Lgs. 231/2001, non può ritenersi sussistente ogniqualvolta vi sia la mancata adozione di una misura di prevenzione.

Per la sentenza, infatti, se è vero che l’assenza di una misura di prevenzione comporta spesso un risparmio di spesa per la società, altrettanto vero è che detto risparmio non è sempre rilevante o intenzionale.
Detti requisiti – che portano certamente ad una condanna dell’ente – sono rinvenibili laddove l’impresa abbia fatto oggettivamente prevalere l’esigenza del profitto sulla salute dei lavoratori, cercando un interesse o un vantaggio mediante un risparmio di spesa o un potenziamento della produzione.

Secondo i Giudici di legittimità, invece, nell’ipotesi in cui il risparmio, frutto delle omesse cautele, sia esiguo ed inserito in un contesto di generale osservanza delle norme prevenzionistiche da parte dell’impresa, non si può giungere all’automatica condanna della stessa ai sensi del D.Lgs. 231/2001.

Su tali presupposti, la Suprema Corte – ritenendo configurabile quest’ultima ipotesi nel caso di specie – accoglie il ricorso proposto dalla società.

A cura di Fieldfisher