Stampa

Cassazione: lavoratori morti per inalazione di polveri d’amianto, assolti i membri del cda della società datrice privi di delega sulla sicurezza


icona

Con la sentenza n. 18384 del 27.04.2018, la Cassazione penale afferma che i membri del cda di una società, privi di qualsiasi delega sulla sicurezza sul lavoro, devono essere assolti dall’accusa di omicidio colposo per la morte di alcuni dipendenti in seguito all’inalazione di polveri d’amianto sul luogo di lavoro.

Il fatto affrontato

Due ex consiglieri d’amministrazione della società, facente parte di una grande holding, vengono accusati di omicidio colposo a seguito della morte per patologie asbesto correlate di alcuni lavoratori dell’azienda produttrice di oggetti in amianto.
Ai medesimi viene contestata specificamente la mancata adozione di misure tecniche ed organizzative atte ad impedire o a ridurre lo sviluppo e la diffusione delle polveri di amianto negli ambienti lavorativi, quali idonei impianti di aspirazione, di ventilazione e di raccolta, la limitazione ai tempi di esposizione e l’utilizzo di procedure di lavoro atte ad evitare la manipolazione manuale del materiale nocivo.

La sentenza

La Cassazione – confermando quanto stabilito dalla Corte d’Appello – evidenzia, preliminarmente, la presenza di un evidente distacco tra il centro organizzativo e decisionale, costituito dalla società controllante, che gestisce anche i servizi relativi al personale e agli acquisti (tra cui materie prime, prodotti finiti, macchinari, scorte, ricambi, accessori e ogni altro bene e merce ritenuti necessari) ed il consiglio di amministrazione della partecipata.
Quest’ultima, infatti, risulta autonoma esclusivamente circa la tenuta della contabilità e la gestione dei servizi amministrativi, ma del tutto priva di qualsiasi delega sulla sicurezza sul lavoro.

Secondo i Giudici di legittimità, pertanto, i membri del cda, privi di autonomia gestionale e di autonoma capacità di spesa, non avevano alcuna possibilità di deliberare né la decisione di impiegare materie prime diverse dall'amianto né la scelta di implementare i sistemi di sicurezza sul lavoro.

Ulteriormente, a giudizio della Corte, i due imputati, essendo dirigenti provenienti dal settore acquisti e vendite e, come tali, avulsi da qualsivoglia collegamento effettivo con i luoghi in cui si svolgeva la produzione, erano per di più sprovvisti delle necessarie e specifiche competenze in materia antinfortunistica per poter intervenire sul punto.

Su tali presupposti, la Suprema Corte ha respinto il ricorso del Procuratore Generale, confermando l’assoluzione dei due imputati, in quanto non in possesso delle prerogative necessarie per impedire i rischi connessi allo sprigionamento delle polveri di amianto ed all’inalazione da parte dei lavoratori.

A cura di Fieldfisher