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Cassazione: la responsabilità datoriale per l’infortunio causato da prassi di lavoro scorrette


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Con la sentenza n. 37148 del 05.09.2019, la Cassazione penale afferma che, in caso di infortunio causato da una prassi di lavoro scorretta, deve essere ritenuto responsabile il datore, per omessa vigilanza, anche laddove le relative direttive siano state impartite da un soggetto terzo.

Il fatto affrontato

Il lavoratore - dipendente di un’azienda agricola - nel tentare di raccogliere le olive, si era arrampicato sul tronco di una pianta da cui era caduto riportando la frattura di alcune vertebre.
In conseguenza di ciò, la Corte d’Appello - tenuto conto del fatto che quella era la prassi in uso nell’azienda - condanna il titolare della stessa, dichiarandolo colpevole del reato di lesioni colpose gravi con inosservanza della disciplina antinfortunistica, per non aver dotato il dipendente di idonei mezzi di lavoro.
L’imprenditore ricorre, dunque, per cassazione, sostenendo la propria innocenza, posto che gli ordini sull’attività da compiere erano stati impartiti da un altro soggetto.

La sentenza

La Cassazione - confermando la statuizione della Corte d’Appello - afferma, preliminarmente, che il datore, in occasione di un infortunio sul lavoro, non può mai essere ritenuto esente da responsabilità per il semplice fatto che le direttive siano state materialmente impartite da un altro soggetto, tanto più se le stesse - come nel caso di specie - sono foriere di prassi aziendali fortemente scorrette.

Secondo i Giudici di legittimità, infatti, l'aver consentito la gestione dell'impresa da parte di un terzo, non esonera il datore dalle proprie responsabilità, in quanto proprio su tale figura grava non solo il dovere di predisporre le idonee misure di sicurezza ed impartire le direttive da seguire a tale scopo, ma anche e soprattutto il dovere di controllarne costantemente il rispetto da parte dei lavoratori.

Per la sentenza si tratta, pertanto, della specificazione del dovere generale di vigilanza che incombe sul datore e che trova pacificamente applicazione anche nell'ipotesi in cui gli ordini sull'attività lavorativa da svolgere siano impartiti da un terzo.

Su tali presupposti, la Suprema Corte rigetta il ricorso dell’imprenditore, confermando la condanna dello stesso per il reato di lesioni colpose.

A cura di Fieldfisher