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Cassazione: condotta abnorme ed esorbitante del lavoratore esclude la responsabilità datoriale in caso di infortunio


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Con la sentenza n. 10363 del 07.03.2018, la Cassazione penale afferma che, laddove l’infortunio sul lavoro sia imputabile unicamente ad una condotta abnorme ed esorbitante del prestatore coinvolto, non può addossarsi alcuna responsabilità penale, per violazione delle norme antinfortunistiche, ai responsabili per la sicurezza.

Il fatto affrontato

Un operaio, mentre era intento a lavorare, all’interno di un cantiere approntato per la sistemazione di una strada, oltrepassava volontariamente le transenne che delimitavano il cantiere stesso, precipitando nel vuoto e riportando gravi traumi che lo conducevano, il giorno successivo, alla morte.
In conseguenza di ciò, al coordinatore della sicurezza in fase di progettazione ed esecuzione dei lavori ed al responsabile unico del procedimento viene contestata l’accusa di omicidio colposo, con violazione della disciplina antinfortunistica, consistente nel mancato posizionamento della barriera in posizione più arretrata rispetto al punto di pericolo e nell’assenza di adeguata cartellonistica di segnalazione del pericolo di precipitazione.

La sentenza

La Cassazione – confermando quanto stabilito dalla Corte d’Appello – ha affermato che non possono essere riconosciuti colpevoli di omicidio colposo i responsabili della sicurezza di un cantiere, nel quale si sia verificato un infortunio sul lavoro mortale per cause imputabili unicamente al prestatore.

I Giudici di legittimità a fondamento della propria decisione evidenziano come, nel corso degli anni, vi sia stato un passaggio culturale, prima ancora che giuridico, da un modulo iperprotettivo del dipendente ad un modulo che valorizza la collaborazione dello stesso, in chiave di auto-responsabilità, alla concreta realizzazione della sicurezza nei luoghi di lavoro, passaggio marcato anche da alcune recenti pronunce della medesima Corte.

Secondo la sentenza, infatti, i responsabili della sicurezza non possono essere chiamati a rispondere di una condotta "imprevedibilmente colposa" posta in essere dal prestatore, in contrasto appunto con il principio di "autoresponsabilità" del lavoratore, ove il parametro della prevedibilità deve essere inteso quale “dominabilità umana del fattore causale”.

Pertanto, l’abnormità e l’esorbitanza della condotta dell'infortunato rappresentano cause di esclusione del reato.

Su tali presupposti, la Suprema Corte - vista l’inesistenza di una regola cautelare di apposizione di barriere a maggiore distanza rispetto al punto di pericolo e l’insussistenza di un obbligo di applicazione di apposita cartellonistica di segnalazione di pericolo, evidenziato in re ipsa dalla transennatura, sufficiente a concretizzare il divieto di accesso alla zona – ha respinto il ricorso proposto dal Procuratore Generale, confermando l’assoluzione degli imputati.

A cura di Fieldfisher