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Cassazione: anche lo straining dà diritto al risarcimento ex art. 2087 c.c.


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Con l’ordinanza n. 3977 del 19.02.2018, la Cassazione afferma che, in ossequio all’interpretazione estensiva del dettato normativo di cui all’art. 2087 c.c., devono essere risarcite a titolo di straining (forma attenuata di mobbing) le azioni, seppur sporadiche e non continuative, aventi carattere discriminatorio, poste in essere da datore e colleghi e tese a danneggiare il lavoratore.

Il fatto affrontato

La docente, dichiarata inidonea all’insegnamento ed assegnata, quindi, alla segreteria di una scuola, rappresenta alla dirigenza scolastica la necessità di avere ulteriore personale per l’espletamento dei servizi amministrativi. A tali rimostranze il preside reagisce, dapprima sottraendole gli strumenti di lavoro, per, poi, attribuirle mansioni didattiche nonostante l’accertata inidoneità, arrivando, infine, a privarla di ogni mansione e lasciarla totalmente inattiva.

L’ordinanza

La Cassazione, confermando la statuizione della Corte di Appello, ha ribadito la correttezza dell’interpretazione estensiva del precetto contenuto nell’art. 2087 c.c. fornita dalla giurisprudenza di legittimità.

Infatti, secondo la Suprema Corte, la citata norma pone in capo al datore di lavoro l’obbligo di tutelare l’integrità psicofisica e la personalità morale del prestatore, imponendogli, quindi, non solo di astenersi da ogni condotta che sia finalizzata a ledere detti beni, ma anche di impedire che nell’ambiente di lavoro si possano verificare situazioni idonee a mettere in pericolo la salute e la dignità dei propri dipendenti.

La responsabilità datoriale, ai sensi dell’art. 2087 c.c., sorge, pertanto, ogniqualvolta l’evento dannoso sia eziologicamente riconducibile ad un comportamento colposo (inadempimento di specifici obblighi legali o contrattuali imposti ovvero mancato rispetto dei principi generali di correttezza e buona fede) del datore stesso.

Conseguentemente, la pretesa risarcitoria fondata sull’art. 2087 c.c. è giustificata in presenza di tutte le azioni che si rivelino produttive di danno all’integrità psicofisica del lavoratore, ivi incluse, ovviamente, quelle qualificabili a titolo di straining, ossia di quella forma attenuata di mobbing nella quale non si riscontra il carattere della continuità delle condotte vessatorie.

Su tali presupposti, la Cassazione ha rigettato il ricorso proposto dal Ministero, confermando il diritto della docente a vedersi riconosciuto il risarcimento del danno.

A cura di Fieldfisher