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Cassazione: valide le dimissioni anche senza l’accettazione della PA datrice


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Con la sentenza n. 14993 del 28.05.2021, la Cassazione afferma che, a seguito della privatizzazione dei rapporti di lavoro alle dipendenze della PA, le dimissioni del dipendente sono immediatamente efficaci, senza che a tal fine debba intervenire un atto di accettazione e convalida da parte dell’Ente datore.

Il fatto affrontato

La lavoratrice ricorre giudizialmente al fine di ottenere la declaratoria dell'inefficacia delle dimissioni presentate in data 09.01.2015 (e revocate in data 09.06.2015) - stante la non intervenuta accettazione da parte del Ministero datore - ed il conseguente accertamento del suo diritto alla prosecuzione del rapporto di lavoro.
La Corte d’Appello respinge la predetta domanda, sul presupposto che, a seguito della privatizzazione dei rapporti di pubblico impiego, non era più compatibile con il nuovo regime la previgente disciplina delle dimissioni che prevedeva, quale atto indispensabile per il perfezionamento delle stesse, l’accettazione da parte dell’amministrazione.

La sentenza

La Cassazione - confermando quanto stabilito dalla Corte d’Appello - rileva, preliminarmente, che a seguito dell'entrata in vigore del D.Lgs. 29/1993, essendo il c.d. rapporto di pubblico impiego privatizzato regolato dalle norme del codice civile e dalle leggi civili sul lavoro (nonché dalle norme sul pubblico impiego, solo in quanto non espressamente abrogate e non incompatibili), le dimissioni del lavoratore costituiscono un negozio unilaterale recettizio.

Per la sentenza, ciò significa che le stesse sono idonee a determinare la risoluzione del rapporto di lavoro dal momento in cui vengano a conoscenza del datore ed indipendentemente dalla volontà di quest'ultimo di accettarle.
Ne consegue che non è più necessario, per dare efficacia alle dimissioni, un provvedimento di accettazione da parte della pubblica amministrazione, anche perché al rapporto di lavoro pubblico non si applica la disciplina concernente la procedura di convalida introdotta dall’art. 4, commi 16 – 22, della L. 92/2012.

Secondo i Giudici di legittimità, l'amministrazione, dunque, non può rigettare l'istanza del dipendente di dimissioni, ma si deve limitare ad accertare che non esistano impedimenti legali alla risoluzione del rapporto e che, da parte del lavoratore, sia stata effettivamente manifestata in modo univoco l'incondizionata e genuina volontà di porre fine al rapporto.

Su tali presupposti, la Suprema Corte rigetta il ricorso della lavoratrice, ritenendo pienamente efficaci le dimissioni dalla stessa rese in data 09.01.2015.

A cura di Fieldfisher