Stampa

Consiglio di Stato: vanno annullati gli atti di concorso che prevedono un termine inferiore a 20 giorni per la preparazione della prova orale


icona

Con la sentenza n. 1006 del 10.02.2020, il Consiglio di Stato afferma che, nelle procedure conscorsuali, non è possibile derogare al termine di venti giorni che, ai sensi del D.P.R. 487/1994, deve intercorrere tra la convocazione del candidato per le prove orali e l’espletamento del relativo colloquio.

Il fatto affrontato

Il partecipante ad un concorso ricorre giudizialmente al fine di chiedere l'annullamento degli atti con cui il Comune aveva concluso negativamente la procedura selettiva di mobilità volontaria per la copertura di un posto di dirigente amministrativo a tempo pieno, senza consentirgli di presentarsi, per il colloquio orale, in un giorno diverso e successivo, rispetto a quello stabilito all'atto della convocazione.
A fondamento della predetta domanda, il medesimo deduce la violazione della disposizione di cui al D.P.R. 487/1994, secondo cui doveva intercorrere un intervallo temporale di almeno venti giorni tra la convocazione e lo svolgimento della prova orale.

La sentenza

Il Consiglio di Stato afferma, preliminarmente, che la norma contenuta nel D.P.R. 487/1994 garantisce al candidato un tempo minimo di venti giorni per la preparazione del colloquio nelle selezioni pubbliche.

Secondo i Giudici, detta norma non può in alcun modo essere derogata, dal momento che una tale condotta eliminerebbe una garanzia di procedimento funzionale all’interesse del partecipante al corretto e trasparente svolgimento della procedura stessa.

Per la sentenza a nulla rileva che, nel caso di specie, il concorrente abbia proposto una data ancor più vicina per l’impossibilità oggettiva di effettuare la prova nel giorno indicato nella convocazione, posto che ciò non può rappresentare una rinuncia al termine di venti giorni, ma va considerato alla stregua di un atto di buona volontà e di collaborazione con gli uffici.

Su tali presupposti, il Consiglio di Stato respinge il ricorso del Comune, a fronte della pacifica violazione del precetto di cui al D.P.R. 487/1994.

A cura di Fieldfisher