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Cassazione: quando è possibile derogare alla durata del periodo di prova prevista dal CCNL


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Con l’ordinanza n. 9789 del 26.05.2020, la Cassazione afferma che la clausola del contratto individuale, con cui il patto di prova è fissato in un termine maggiore di quello stabilito dalla contrattazione collettiva di settore, deve essere sostituita di diritto, a meno che il datore non riesca a provare la particolare complessità delle mansioni affidate al lavoratore.

Il fatto affrontato

Il lavoratore ricorre giudizialmente al fine di richiedere l'accertamento della nullità del patto di prova apposto al proprio contratto, dal momento che aveva una durata superiore rispetto a quella prevista, per la medesima qualifica, dal CCNL applicato al rapporto.

L’ordinanza

La Cassazione - nel ribaltare la statuizione della Corte d’Appello - afferma, preliminarmente, che la clausola del contratto individuale di lavoro, con cui sia previsto un periodo di prova di durata maggiore di quella massima prevista dal contratto collettivo applicabile al rapporto, può ritenersi legittima solo nel caso in cui la particolare complessità delle mansioni affidate al lavoratore renda necessario - ai fini di un valido esperimento e nell'interesse di entrambe le parti - un periodo più lungo di quello ritenuto congruo dalle parti sociali per la normalità dei casi.

Secondo i Giudici di legittimità, in tale circostanza, il relativo onere probatorio, circa la particolarità delle mansioni, ricade sul datore di lavoro, posto che la maggiore durata del periodo di prova attribuisce al medesimo una più ampia facoltà di licenziamento per mancato superamento della prova stessa.

Per la sentenza, ne consegue che la clausola del contratto individuale con cui il patto di prova è fissato in un termine maggiore di quello stabilito dalla contrattazione collettiva di settore, essendo più sfavorevole per il lavoratore (contraente debole del rapporto), deve essere sostituita di diritto ex art. 2077, comma 2, c.c.

Su tali presupposti, la Suprema Corte accoglie il ricorso del dipendente, cassando con rinvio l’impugnata pronuncia di merito.

A cura di Fieldfisher