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Cassazione: l’indebito conguaglio contributivo genera sempre conseguenze penali?


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Con la sentenza n. 20531 del 25.05.2022, la Cassazione afferma che, al fine di determinare la soglia di punibilità per l’integrazione del reato di indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato, bisogna considerare non l’intero ammontare dei contributi previdenziali illecitamente conguagliati, ma le somme inerenti alle singole mensilità con flussi non veritieri.

Il fatto affrontato

La legale rappresentante di una società viene ritenuta colpevole del reato di cui all'art. 316-ter c.p., per aver dichiarato falsamente all'INPS di aver corrisposto ad una propria dipendente l'indennità di maternità ed aver indebitamente conguagliato il relativo importo, pari ad € 8.000,00, con i contributi dovuti periodicamente all'Istituto previdenziale.

La sentenza

La Cassazione rileva, preliminarmente, che la condotta del datore che, esponendo falsamente di aver corrisposto al lavoratore una indennità, ottenga dall'INPS il conguaglio della relativa somma, integra il reato di indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato.

Secondo la sentenza, il datore realizza la condotta tipica prevista dall'art. 316-ter c.p. nel momento in cui ottiene il risparmio di spesa rispetto al quantum che avrebbe, invece, dovuto versare all'ente previdenziale se non avesse compilato il flusso mensile in termini non veritieri.

Per i Giudici di legittimità, pertanto, il superamento della soglia di punibilità prevista dalla norma non può che essere calcolato mensilmente, considerando cioè il risultato economico derivato da ciascuna delle condotte produttive dell'indebita erogazione.

Su tali presupposti, la Suprema Corte accoglie il ricorso della società, che, in relazione alle singole mensilità contributive, non aveva mai superato la soglia di punibilità prevista dall'art. 316-ter c.p.

A cura di Fieldfisher