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Cassazione: anche l’INPS deve essere presente nei giudizi per i contributi non versati


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Con la sentenza n. 19679 del 21.09.2020, la Cassazione afferma che, quando un dipendente chiede la condanna del datore di lavoro al versamento di contributi, l'istituto di previdenza deve essere sempre citato in giudizio, essendo un soggetto direttamente interessato.

Il fatto affrontato

Il lavoratore – dopo aver concordato con l’azienda l'esodo incentivato con intervento del Fondo di solidarietà di settore – ricorre giudizialmente nei confronti della società datrice, rea di aver calcolato erroneamente i contributi che si era impegnata a versargli fino al raggiungimento dell'anzianità necessaria per il pensionamento.

La sentenza

La Cassazione afferma, preliminarmente, che, nei giudizi promossi dal dipendente al fine di vedersi riconosciuta la contribuzione omessa, sussiste un litisconsorzio necessario tra il datore di lavoro e l'istituto di previdenza, essendo quest’ultimo diretto interessato all'accertamento giudiziale quale destinatario del pagamento.

Secondo la sentenza, infatti, l'obbligo datoriale di pagare integralmente i contributi dovuti si configura, non già come un diritto di credito da parte del lavoratore, ma come un obbligo di facere nei confronti dell’ente previdenziale, che – se estraneo al relativo giudizio – non si potrebbe giovare di una sentenza di condanna al versamento dei contributi omessi.

Per i Giudici di legittimità, pertanto, in caso di mancata chiamata dell’INPS, si violerebbe il principio dell’unitarietà connessa con l'esperimento dell'azione proposta, secondo cui, in assenza anche di uno soltanto dei soggetti coinvolti, la sentenza risulta inidonea a produrre un qualsiasi effetto giuridico anche nei confronti degli altri.

Su tali presupposti, la Suprema Corte – a fronte del mancato coinvolgimento dell’INPS – rileva d’ufficio la nullità del giudizio per difetto di integrità del contraddittorio e rimette le parti avanti al giudice di primo grado.

A cura di Fieldfisher