Con l’ordinanza n. 6787 del 14.03.2024, la Cassazione afferma che lo sciopero deve ritenersi legittimo qualora non determini un danno alla produttività, ma solo un eventuale nocumento alla produzione.
Il fatto affrontato
I lavoratori impugnano giudizialmente il licenziamento irrogatogli a seguito della partecipazione ad uno sciopero in cui era avvenuto un alterco tra appartenenti a diverse sigle sindacali.
La Corte d’Appello accoglie la predetta domanda, ritenendo che, con la partecipazione allo sciopero, i ricorrenti non avevano oltrepassato i limiti legali previsti per l’esercizio di tale diritto.
L’ordinanza
La Cassazione – nel confermare la pronuncia di merito – rileva, preliminarmente, che il diritto allo sciopero incontra limiti solo nel caso in cui sia lesivo di altri diritti fondamentali quali quello alla vita e all'incolumità personale ovvero quello alla libertà dell'iniziativa economica, cioè dell'attività imprenditoriale.
Secondo la sentenza, pertanto, l'esercizio del diritto di sciopero deve ritenersi illecito se, ove non effettuato con gli opportuni accorgimenti e cautele, appare idoneo a pregiudicare irreparabilmente non la produzione, ma la produttività dell'azienda, cioè la possibilità per l'imprenditore di continuare a svolgere la sua iniziativa economica.
In particolare, per i Giudici di legittimità, tale illiceità si ravvisa allorquando lo sciopero comporti la distruzione o una duratura inutilizzabilità degli impianti, con pericolo per l'impresa come organizzazione istituzionale e con la, conseguente, compromissione dell'interesse generale alla preservazione dei livelli di occupazione.
Non ritenendo presenti detti elementi nel caso di specie, la Suprema Corte rigetta il ricorso proposto dalla società e conferma l’illegittimità del licenziamento quale conseguenza della partecipazione allo sciopero.
A cura di WST