Nella G.U. dell'Unione europea del 17 maggio è stata pubblicata la Direttiva UE 2023/970 del Parlamento europeo e del Consiglio del 10 maggio 2023, volta a rafforzare l'applicazione del principio della parità di retribuzione tra uomini e donne per uno stesso lavoro, o per un lavoro di pari valore, attraverso la trasparenza retributiva.
La direttiva UE 2023/970 stabilisce prescrizioni minime intese a rafforzare l'applicazione del principio della parità di retribuzione per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore tra uomini e donne: tali obiettivi dovranno essere conseguiti, in particolare, tramite la trasparenza retributiva e il rafforzamento dei relativi meccanismi di applicazione.
Gli Stati membri sono invitati ad adottare le misure necessarie per garantire che i datori di lavoro dispongano di sistemi retributivi che assicurino la parità di retribuzione per uno stesso lavoro, o per un lavoro di pari valore, applicando strumenti o metodologie che consentono agli stessi datori di lavoro e/o alle parti sociali di istituire e utilizzare facilmente sistemi di valutazione e classificazione professionale neutri sotto il profilo del genere che escludano qualsiasi discriminazione retributiva, diretta e indiretta, fondata sul sesso.
La valutazione e il confronto del valore del lavoro dovranno essere effettuati sulla base di criteri oggettivi che includano competenze, impegno, responsabilità e condizioni di lavoro, nonché, se del caso, qualsiasi altro fattore pertinente al lavoro o alla posizione specifici. Pertanto, ai datori di lavoro non sarà di fatto impedito di retribuire in modo diverso lavoratori che svolgano lo stesso lavoro o un lavoro di pari valore, ma di giustificare tali differenze sulla base di criteri oggettivi, neutri dal punto di vista del genere e senza pregiudizi.
La direttiva fa proprio un concetto ampio di retribuzione, che comprende non solo la retribuzione-base, ma anche le componenti accessorie, in denaro o in natura, che i lavoratori ricevono direttamente o indirettamente dal datore di lavoro. Bisognerà, dunque, tener conto di indennità per straordinari, servizi di trasporto (comprese le autovetture fornite dal datore di lavoro e gli abbonamenti), indennità di alloggio, indennità per la partecipazione a corsi di formazione, somme erogate in caso di licenziamento, maggiorazioni per straordinari, una tantum discrezionali, indennità di malattia previste per legge, indennità obbligatorie per legge e trattamenti pensionistici complementari.
Per quanto concerne l’ambito di applicazione, i datori sia pubblici che privati saranno tenuti a garantire la trasparenza sin dalla fase pre-assuntiva, con la pubblicazione di annunci di lavoro con informazioni neutre e obbiettive sulla retribuzione e titoli professionali richiesti. Ai datori di lavoro sarà anche vietato di indagare sulle precedenti condizioni stipendiali dei candidati.
Nel corso del rapporto di lavoro non potrà essere impedito al lavoratore di rendere nota la propria retribuzione, dovrà invece essere garantita l’accessibilità alle informazioni in merito al livello retributivo individuale e ai livelli retributivi medi, ripartiti per sesso e categorie tra loro equiparabili. Tali informazioni dovranno essere fornite dal datore di lavoro entro tempi ragionevoli non eccedenti i due mesi dalla presentazione della richiesta.
Solo per i datori di maggiori dimensioni (che occupino da 100 a 250 lavoratori) sono previsti, a partire da giugno 2027, obblighi di informazione e di elaborazione di report dettagliati relativi al gender pay gap nelle sue diverse componenti retributive. Qualora dalla relazione sulle retribuzioni dovesse emergere un divario retributivo di genere pari o superiore al 5%, che il datore di lavoro non sia in grado di giustificare in base a fattori oggettivi e neutri dal punto di vista del genere, si dovrà “porre rimedio alla situazione”, anche in collaborazione con i rappresentanti dei lavoratori, l’Ispettorato del lavoro e/o gli organismi di parità.
Idonei mezzi di tutela andranno predisposti dagli Stati membri affinché tutti i lavoratori , che si ritengono lesi dalla mancata applicazione del principio della parità di retribuzione, possano disporre di procedimenti giudiziari finalizzati all'applicazione dei diritti e degli obblighi connessi al principio della parità di retribuzione e possano così ottenere il risarcimento del danno subito.
A tal fine, la direttiva impegna gli Stati membri nell’adozione di disposizioni necessarie per proteggere i lavoratori dal licenziamento o da altro trattamento sfavorevole o ritorsivo, quale reazione a un reclamo all'interno dell'organizzazione del datore di lavoro o a un procedimento amministrativo o giudiziario ai fini dell’applicazione dei diritti o degli obblighi connessi al principio della parità di retribuzione. IN sede processuale sarà lo stesso datore di lavoro a dover dimostrare l’assenza di discriminazione e dovranno essere previsti meccanismi di compensazione delle spese processuali, a meno che la causa non sia stata intentata in malafede o per motivi pretestuosi.
Gli Stati membri hanno tempo fino al 7 giugno 2026 per adeguarsi al contenuto della direttiva con le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie.