Con la sentenza n. 3380 del 14.03.2019, il TAR Lazio afferma che, ai fini del mantenimento della CIGS, il datore di lavoro non è tenuto a raggiungere l'obiettivo individuato dal programma finalizzato alla continuazione dell'attività aziendale ed alla salvaguardia dell'occupazione, essendo sufficiente, invece, che lo stesso abbia posto in essere il piano di risanamento già presentato ed approvato, nel rispetto dei principi di buona fede e correttezza.
Il fatto affrontato
La società impugna giudizialmente il decreto dirigenziale con cui il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali aveva annullato un precedente decreto di concessione della CIGS per crisi aziendale ex art. 21, comma 1, lett. b), del D.Lgs. 148/2015, a causa del mancato raggiungimento dell’obiettivo della continuazione dell’attività aziendale e della salvaguardia occupazionale.
A fondamento della predetta domanda, la società ricorrente deduce di aver pedissequamente attuato, in buona fede, il piano di risanamento programmato ed approvato dal Ministero, anche se ciò non aveva sortito gli effetti auspicati ed aveva portato, al termine del periodo di sostegno al reddito, ad una serie di licenziamenti.
La sentenza
Il TAR afferma che il programma di crisi aziendale, di cui al comma 1, lettera b), del d.Lgs. 148/2015, deve contenere un piano di risanamento volto a fronteggiare gli squilibri di natura produttiva, finanziaria, gestionale o derivanti da condizionamenti esterni.
Dovendo, a tal fine, indicare gli interventi correttivi da affrontare e gli obiettivi concretamente raggiungibili finalizzati alla continuazione dell'attività aziendale ed alla salvaguardia occupazionale.
Per i Giudici, dal programma di risanamento, sorge a carico del datore, l'impegno di attuare concretamente, durante la fase della sospensione o riduzione dell'attività lavorativa, una serie di interventi finalizzati al raggiungimento degli obiettivi proposti.
Secondo la sentenza, ne consegue che, per accedere al trattamento straordinario di integrazione salariale, il datore di lavoro richiedente non è tenuto a raggiungere un determinato obiettivo finalizzato alla continuazione dell'attività aziendale ed alla salvaguardia dell'occupazione, ma deve porre in essere il piano di risanamento già presentato ed approvato, nel rispetto dei principi di buona fede e correttezza.
In queste obbligazioni, dunque, l'oggetto è l'attuazione di un complesso di opere volte alla continuazione dell'attività aziendale e la revoca della CIGS può avvenire solo in ipotesi di inadempimento del piano di risanamento causato da un difetto di diligenza dell’imprenditore.
Su tali presupposti, il TAR accoglie il ricorso della società, riconoscendo il diritto della stessa al mantenimento della CIGS.
A cura di Fieldfisher