Con l’ordinanza n. 7642 del 21.03.2024, la Cassazione afferma che, in caso di cessazione dell’attività in un sito aziendale, l’informativa da presentare ai sindacati per il ricorso alla CIGS deve contenere spiegazioni circa l’impossibilità di ricorrere all’ammortizzatore sociale a rotazione con i dipendenti di altre sedi.
Il fatto affrontato
Le lavoratrici ricorrono giudizialmente al fine di sentir dichiarata l’illegittimità della loro collocazione in CIGS.
La Corte d’Appello accoglie la predetta domanda, ritenendo che l'obbligo di completa ed esaustiva informativa nei confronti delle organizzazioni sindacali sussiste anche in caso di cessazione dell'unità produttiva e comunque in tutte le ipotesi di concessione della CIGS.
L’ordinanza
La Cassazione – nel confermare la pronuncia di merito – rileva preliminarmente che, in caso di concessione della CIGS, il meccanismo della rotazione trova generalmente applicazione tra tutti i lavoratori che espletano le medesime mansioni e sono occupati nell'unità produttiva interessata dalla sospensione.
Per la sentenza, ne consegue che, se per ragioni di ordine tecnico-organizzativo il datore ritiene di non adottare il predetto meccanismo di rotazione, deve indicare i relativi motivi nel programma da sottoporre alle OO.SS.
Secondo i Giudici di legittimità, detto obbligo permane anche in caso di cessazione dell'attività, essendo la stessa inserita in quella complessa concertazione attraverso cui la normativa tende a ridurre le conseguenze della crisi o della ristrutturazione dell'impresa sull'occupazione.
Su tali presupposti, la Suprema Corte rigetta il ricorso proposto dalla società e conferma l’illegittimità della collocazione delle dipendenti in CIGS.
A cura di WST