Camera dei Deputati

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Stop al salario minimo. Il nuovo disegno di legge delega valorizza la contrattazione.


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Una delle questioni affrontate dal dibattito politico negli ultimi tempi riguarda l'introduzione di un salario minimo adeguato per i lavoratori. Il dibattito, rinvigorito a più riprese dall’approvazione della direttiva UE 2022/2041 sino alla presentazione delle numerose proposte di legge, volge probabilmente verso l’epilogo. 

Nella giornata di ieri la Camera ha approvato, con 153 voti favorevoli , 3 astenuti e 118 contrari, la proposta di legge delega ( A.C. 1275 ) che impegna il Governo ad adottare entro sei mesi, dalla data di entrata in vigore, uno o più decreti legislativi contenenti disposizioni in materia di retribuzione dei lavoratori e di contrattazione collettiva, al fine di garantire l’attuazione del diritto dei lavoratori ad una retribuzione proporzionata e sufficiente, ai sensi dell’art. 36 della Costituzione, rafforzando la contrattazione collettiva e stabilendo criteri che riconoscano l’applicazione dei trattamenti economici complessivi minimi previsti dai contratti collettivi nazionali di lavoro più applicati. 

Il disegno di legge nella sua nuova veste segna un cambio di paradigma nell’ approccio alla definizione del salario minimo. Si passa infatti da proposte in cui veniva definito un salario minimo orario direttamente nel testo di legge, prevedendone l’aggiornamento secondo varie modalità, tenuto conto dell’indice dei prezzi , previo accordo con le organizzazioni sindacali, o mediante una commissione istituita ad hoc , ad una legge delega che stabilisce i principi e criteri direttivi per l’adozione di uno o più decreti legislativi aventi la finalità di assicurare ai lavoratori trattamenti retributivi giusti ed equi, contrastare il lavoro sottopagato, stimolare il rinnovo dei contratti collettivi e contrastare il dumping contrattuale. 

Il contenuto della delega sembra piuttosto ampio e gli obbiettivi di non facile attuazione attestato che il governo dovrà definire, per ciascuna categoria di lavoratori, i contratti collettivi nazionali di lavoro maggiormente applicati, in riferimento al numero delle imprese e dei dipendenti, per prevedere che il trattamento economico complessivo minimo del CCNL maggiormente applicato costituisca la condizione economica minima da riconoscere ai lavoratori appartenenti alla medesima categoria. 

Inoltre, operazione assai delicata, sarà quella dell’estensione dei trattamenti economici complessivi minimi dei CCNL maggiormente applicati , ai gruppi di lavoratori non coperti da contrattazione collettiva, applicando agli stessi il contratto collettivo nazionale di lavoro della categoria di lavoratori più affine. 

Strumenti di incentivazione per la contrattazione di secondo livello e di sostegno per il rinnovo tempestivo dei contratti collettivi scaduti andranno previsti anche per garantire ai lavoratori un ‘adeguata compensazione dell’eventuale riduzione del potere di acquisto. Per ciascun contratto scaduto e non rinnovato entro congrui termini, o nei settori non coperti da contrattazione collettiva, il Ministero del Lavoro potrà intervenire prevedendo misure ad hoc sui trattamenti economici minimi complessivi. 

Si cerca in questo modo di aggirare l’incompleta attuazione dell’art. 39 e di gestire per via legislativa e regolamentare l’estensione dei contratti collettivi, ad oggi prerogativa della giurisprudenza, senza passare per l’efficacia erga omnes

Per rendere concretamente praticabili le soluzioni proposte, il Governo verrà chiamato a razionalizzare acquisizione dei dati concernenti l'applicazione della contrattazione collettiva a livello nazionale, territoriale e per ciascuna categoria di lavoratori nonché dei dati afferenti ai trattamenti retributivi effettivamente riconosciuti ai lavoratori. 

Il disegno di legge passa ora al Senato. Se approvato il Governo dovrà esercitare le deleghe entro il termine di 6 mesi. 

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