Il versamento della somma dovuta per prolungare di cinque anni i benefici fiscali derivanti dall’applicazione del regime impatriati non costituisce un adempimento formale. Di conseguenza, la sua omissione non può essere sanata tramite l’istituto della remissione in bonis. Lo afferma l’Agenzia delle entrate con la risposta n. 223/2023
La remissione in bonis è una modalità prevista dalla legge per potere sanare eventuali irregolarità od omissioni di natura formale, in merito ad alcuni adempimenti. Si tratta di un’opzione introdotta nel diritto tributario con l’art. 2 della Decreto Legge 16/2012. Secondo la citata norma, il contribuente che ha dimenticato di esercitare una determinata azione o di inviare una comunicazione per potere ottenere dei benefici di tipo fiscale, o per accedere a regimi fiscali opzionali, può rimediare alla sua disattenzione. La regolarizzazione con la remissione in bonis, tuttavia, è consentita soltanto se le violazioni non sono ancora state contestate dall’Amministrazione Finanziaria in merito a ecobonus per ristrutturazioni ; cedolare secca sugli affitti e 5 per mille.
Tornando all'interpello, l'istante, residente fiscalmente in Polonia, iscritto all'Anagrafe degli italiani residenti all'estero dal 27 gennaio 2012, è rientrato in Italia, insieme a moglie e figlio, dal settembre 2016 dopo aver assunto rapporti di lavoro dipendente anche in altri Stati. Fa presente di aver usufruito, a partire dal periodo di imposta 2017, del regime “impatriati” (articolo 16, Dlgs n. 147/2015).
L’agevolazione, rispetto alla formulazione iniziale, è stata successivamente modificata prevedendone, su opzione dei beneficiari, l’estensione, in presenza di determinate condizioni e requisiti, per ulteriori cinque anni (decreto “Crescita”). In particolare, la norma prevede per i lavoratori con almeno un figlio minorenne o a carico, anche in affido preadottivo, o che acquistano o hanno acquistato un’abitazione in Italia, la possibilità di applicare per ulteriori cinque periodi d’imposta il regime speciale. In entrambi i casi il reddito prodotto in Italia è imponibile soltanto per il 50% del suo ammontare, che scende al 10% se il contribuente ha almeno tre figli minorenni o a carico, anche in affido preadottivo.
L’ampliamento, originariamente applicabile ai soli contribuenti trasferiti in Italia dal 30 aprile 2019, è stato poi esteso anche agli iscritti all’Aire e ai cittadini Ue che avevano trasferito la residenza prima del 2020 e che, alla data del 3 dicembre 2019, risultavano beneficiari del “regime impatriati” (legge di bilancio 2021).
L'opzione per la proroga prevede il versamento di un importo pari al 10 o al 5% a seconda dei casi (numero di figli a carico e acquisto casa in Italia) dei redditi di lavoro dipendente e autonomo agevolabili prodotti in Italia nel periodo d’imposta precedente a quello di esercizio dell’opzione.
L’istante, pur avendo i requisiti per accedere alla proroga fa presente che, “a causa di una un mero errore materiale”, non ha effettuato, come avrebbe invece dovuto, entro il 30 giugno 2022, il versamento dell’importo necessario a perfezionare l’opzione. Detto ciò chiede se per sanare la situazione e non perdere il prolungamento della tassazione ridotta possa ricorrere all'istituto della remissione in bonis.
L’Agenzia delle entrate, nella risposta 223/2023 ripercorre la normativa e la prassi che regolano l’agevolazione richiamata dal contribuente e conclude, a differenza di quanto ritenuto dall’istante, che nella vicenda mancano i presupposti per usufruire della remissione in bonis.
Per la prassi, la risposta rimanda ai chiarimenti forniti con la Circ. n. 33/E del 28.12.2020 in merito all’applicazione delle modifiche apportate dal decreto “Crescita”