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Decreto crescita e impatriati : Novità del regime agevolativo


lavoratore con trolley
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Il Consiglio dei Ministri ha pubblicato, sulla GU n. 100 del 30 aprile 2019, il DL n. 34 del 30 aprile 2019 ( “ Decreto Crescita “ ), col quale vengono adottate le tanto attese “ Misure urgenti di crescita economica e per la risoluzione di specifiche situazioni di crisi “.

La pubblicazione del DL n. 34 del 30 aprile 2019 era attesa già da tempo. Il 4 aprile il testo era già stato approvato dal Consiglio ma con una formula, quella del “ salvo intese “, già usata con precedenti decreti, per consentire ritocchi anche dopo il via libero definitivo raggiunto nella sera del 23 aprile.

Diverse le novità in materia di lavoro previste dal Decreto Crescita: Modifiche al regime dei forfetari ( art. 6 ) ; incentivi a favore di imprese di costruzione o di ristrutturazione immobiliare ( art. 7 ) ; agevolazioni a sostegno di progetti di ricerca e sviluppo per la riconversione dei processi produttivi nell’ambito dell’economia circolare ( art. 26 ) ; – assunzione di personale nelle Regioni a statuto ordinario e nei Comuni in base alla sostenibilita’ finanziaria ( art. 33 ) .

Da ultimo, non per rilevanza, all’ art. 5 del DL n. 34 del 30 aprile 2019, un occhio di riguardo va dedicato alle sostanziose modifiche apportate al regime fiscale agevolativo per i lavoratori cd. impatriati il quale, visto anche l’ampio filone di interpelli presentati all’Agenzia delle Entrate, necessitava di un intervento chiarificatore risolutivo da parte del Legislatore.

La previgente disciplina dell’art. 16 del D.Lgs. n. 147/2015 stabiliva un regime fiscale agevolativo per gli impatriati, consistente in una detassazione del 50 % del reddito di lavoro prodotto in Italia per 5 anni, applicabile a tutti i lavoratori che trasferiscono la residenza fiscale nel territorio dello Stato a condizione che:

  • I destinatari dell’agevolazione non siano stati residenti in Italia nei cinque periodi di imposta precedenti il trasferimento in Italia e si impegnino a permanere in Italia per almeno due anni;
  • L’attività lavorativa deve essere svolta in modo permanente nel territorio italiano presso un’impresa residente nel territorio dello Stato;
  • I destinatari rivestano ruoli direttivi ovvero siano in possesso di requisiti di elevata qualificazione.

in alternativa la medesima agevolazione può essere riconosciuta a chi abbia risieduto continuativamente per almeno 24 mesi in Italia e che, seppure residenti nel proprio paese di origine: 

  • Siano in possesso di un titolo di laurea e abbaino svolto continuativamente un’attività di lavoro, dipendente o autonomo o attività di impresa fuori dal propri paese di origine negli ultimi 24 mesi;
  • Abbiano svolto continuativamente un’attività di studio fuori dal proprio Paese di origine e dall’Italia negli ultimi 24 mesi o più, conseguendo un titolo di laurea o una specializzazione post lauream.

Nel complesso, le modifiche normative introdotte con il Decreto Crescita, applicabili a partire dal 1° gennaio 2020, sono orientate in larga parte a rafforzare e semplificare il regime agevolativo degli impatriati, recependo anche quelle esigenze emerse con i frequenti interpelli sottoposti all’attenzione dell’ Agenzia delle Entrate.

In primo luogo, è stata modificata la percentuale di reddito esentato ( art. 5, comma 1, lett. a) e d) ). Originariamente fissata nella misura del 50%, l’esenzione è stata portata al 70% con un indubbio vantaggio per i contribuenti. L’esenzione subisce un ulteriore incremento, sino al 90% del reddito prodotto, per coloro che trasferiscono la residenza nelle regioni di Abruzzo, Molise Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sardegna e Sicilia.

L’ambito soggettivo di applicazione della norma è stato notevolmente esteso con la sostituzione integrale dell’art. 16 del D.Lgs. 14 settembre 2015, n. 147. Con le ultime modifiche l’agevolazione si rende applicabile ai contribuenti che trasferiscono la residenza in Italia e che:

• Nono sono stati residenti in Italia nei due periodi d’imposta precedenti al trasferimento e che si impegnano a risiedere in Italia per almeno due anni;
• Svolgono attività lavorativa prevalentemente in territorio italiano.

Per quanto riguarda il requisito formale dell’iscrizione all’AIRE ( art. 5, comma 1, lett. d ) l’Agenzia delle Entrate in diverse passate occasioni ha dovuto ribadire che la mancata iscrizione all’Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero rappresentava una causa preclusiva per il riconoscimento del beneficio fiscale. Il DL n. 34 del 30 aprile 2019 ( Decreto Crescita ) risolve la questione stabilendo che, dal 1° gennaio 2020, possono accedere al regime di favore anche i lavoratori non iscritti all’AIRE a condizione che siano fiscalmente residenti in un paese estero ai sensi della relativa convenzione contro le doppie imposizioni fiscali.

Inoltre, con riferimento ai periodi d'imposta per i quali siano stati notificati atti impositivi ancora impugnabili ovvero oggetto di controversie pendenti in ogni stato e grado del giudizio, nonche' per i periodi d'imposta per i quali non sono decorsi i termini di cui all'articolo 43 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, ai cittadini italiani non iscritti all'AIRE rientrati in Italia entro il 31 dicembre 2019 spettano i benefici fiscali di cui al presente articolo nel testo vigente al 31 dicembre 2018, purche' abbiano avuto la residenza in un altro Stato ai sensi di una convenzione contro le doppie imposizioni sui redditi per il periodo di cui al, comma 1, lettera a).

Anche la durata dell’incentivo fiscale al rimpatrio subisce alcune modifiche (art. 5, comma 1, lett. c) ). Viene introdotta, infatti, la possibilità di riconoscere per ulteriori cinque anni, rispetto ai cinque iniziali laddove:

  • I lavoratori impatriati abbiano almeno un figlio minorenne a carico, anche in affido preadottivo;
  • Nel caso in cui il lavoratore diventi proprietario di almeno un immobile di tipo residenziale in Italia, successivamente al trasferimento in Italia o nei dodici mesi precedenti la trasferimento. L’immobile può essere acquistato direttamente dal lavoratore oppure dal coniuge, dal convivente o dai figli, anche in comproprietà.

In queste due ipotesi per gli ulteriori 5 anni i redditi concorrono a formare l’imponibile per il 50% del loro ammontare mentre per i lavoratori impatriati con almeno tre figli minorenni a carico o in affidamento preadottivo l’esenzione arriva sino al 90 % dei redditi prodotti. 

Fonte: DL n. 34 del 30 aprile 2019