Con la sentenza n. 65 del 23.01.2024, la Corte d’Appello di Milano afferma che, in assenza dei presupposti di legge per l’applicazione del massimale, il datore di lavoro può essere esonerato dalla relativa responsabilità solamente se il mancato tempestivo versamento sia dovuto a caso fortuito o forza maggiore, cioè ad una causa a lui non imputabile.
Il fatto affrontato
L’azienda ricorre giudizialmente nei confronti della dirigente, chiedendone la condanna al pagamento di € 174.817,99 a titolo di risarcimento del danno, per avere la stessa erroneamente compilato il modulo relativo al massimale contributivo INPS e, conseguentemente, indotto in errore la società.
La sentenza
La Corte d’Appello rileva preliminarmente che, ai fini dell’applicazione del massimale contributivo, il datore di lavoro è tenuto a recepire la dichiarazione del dipendente per verificarne l’anzianità contributiva.
Per la sentenza, ove dette dichiarazioni risultino infedeli, il lavoratore è tenuto al risarcimento del danno corrispondente alle somme versate dalla società all’INPS a titolo di contributi omessi (a causa dell’errata applicazione del massimale) e sanzioni.
Secondo i Giudici, tuttavia, il datore non può dirsi completamente esente da responsabilità se risulti in possesso di documentazione ulteriore che espressamente contraddica la dichiarazione del lavoratore.
Rinvenendo quest’ultima fattispecie nel caso in esame – ove la società era in possesso dei CUD di un precedente rapporto di lavoro in cui risultava non applicato il massimale contributivo – la Corte d’Appello accoglie parzialmente l’appello della dipendente e riduce l’ammontare del risarcimento dalla stessa dovuto.
A cura di WST