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Cassazione: la valenza probatoria delle dichiarazioni rilasciate dal dipendente durante un accertamento ispettivo


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Con l’ordinanza n. 8445 del 04.05.2020, la Cassazione afferma che il verbale ispettivo fa piena prova sull’esistenza e la provenienza delle dichiarazioni dei dipendenti raccolte dall’ispettore che, come tali, possono essere poste a fondamento della decisione giudiziale.

Il fatto affrontato

L’imprenditore propone opposizione giudiziale avverso una cartella esattoriale inerente alle omissioni contributive riferibili ad un dipendente che, pur essendo stato assunto in regime di part-time, aveva reso la propria prestazione a tempo pieno.
La Corte d’Appello respinge la predetta domanda, ritenendo fondata la pretesa contributiva in base alle dichiarazioni rese dal dipendente durante un accertamento ispettivo, in ordine allo svolgimento di cinquantasei ore a settimana.

L’ordinanza

La Cassazione - nel confermare la statuizione della Corte d’Appello - delinea la valenza probatoria dei verbali ispettivi.

In particolare, per i Giudici di legittimità, i verbali ispettivi fanno piena prova, fino a querela di falso, dei fatti che il pubblico ufficiale attesta avvenuti in sua presenza o da lui compiuti, ivi compresa l'esistenza e la provenienza delle dichiarazioni raccolte a verbale.

Diversamente, secondo la sentenza, le valutazioni del funzionario e le circostanze affermate in quanto desunte da altri fatti costituiscono materiale probatorio liberamente valutabile ed apprezzabile dal giudice, il quale può anche considerarle prove sufficienti, qualora il loro specifico contenuto probatorio o il concorso di altri elementi renda superfluo l'espletamento di ulteriori mezzi istruttori.

Su tali presupposti, la Suprema Corte rigetta il ricorso della società, a fronte del valore probatorio riconosciuto alle dichiarazioni spontanee, inequivocabili e circostanziate rese dal dipendente in sede ispettiva.

A cura di Fieldfisher