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Decreto dignità: Il rinnovo del contratto a termine.


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Il decreto dignità ha riformato profondamente il contratto a termine lasciando agli operatori del diritto non poche questioni irrisolte. In questa occasione, oggetto di approfondimento sono le nuove condizioni previste dal decreto dignità per il rinnovo del contratto

Sull’argomento leggi anche:

Decreto Dignità: Le proroghe del contratto a termine.
Decreto Dignità: durata e causali del contratto a termine.
ANPAL – Decreto dignità: Testo coordinato del D.L. n. 87/18 con la Legge di conversione del 9 agosto 2018, n. 96.

 1.Il contratto a termine e le condizioni per rinnovarlo

Un contratto a tempo determinato stipulato per la durata di 12 mesi fruisce tuttora della cosiddetta a-causalità del limite temporale di durata, ossia può essere liberamente stipulato senza che sia richiesta l’esplicitazione di una causale che giustifichi l’apposizione del termine.

Le “condizioni” (alias, le causali) tratteggiate dall’art. 19, comma 1, del d.lgs. n.81, nella versione definita dal decreto 12 luglio 2018, n.87 (convertito dalla l. 9 agosto 2018, n.96 e, d’ora in poi, indicato come il decreto), sono richieste solo se al contratto si dà una durata superiore a dodici mesi (comunque senza la possibilità di eccedere il limite di ventiquattro mesi).

La regola della a-causalità, tuttavia, non trova sempre e comunque applicazione.

Perché essa sia applicabile, è richiesto che si tratti del primo contratto di lavoro fra le parti.

Diversamente, è un’altra la regola da applicare in conformità a quanto stabilito dal decreto dignità ormai convertito in legge.

Laddove, infatti, si tratti di un secondo contratto a termine fra le stesse parti, il rinnovo è subordinato alle “condizioni” di cui al predetto art. 19, comma 1 e questo - si badi - anche se il primo contratto ha avuto una durata inferiore a dodici mesi e, magari, nemmeno con l’ulteriore contratto si va oltre tale soglia temporale.

Regola, questa, che discende dal comma 01 aggiunto all’art. 21 del d.lgs. n. 81/2015 da parte del decreto dignità: “ Il contratto può essere rinnovato solo a fronte delle condizioni di cui all’articolo 19, comma 1”.

La disciplina è, dunque, diversa a seconda che si abbia a che fare con delle “proroghe” o con dei “rinnovi”, espressioni che ambedue compaiono nella rubrica dell’art. 21.

Che il termine sia prorogato una o più volte, si resta fermi allo stesso contratto di lavoro; con il rinnovo, cessato un contratto a termine, se ne stipula uno nuovo.

Differenza a cui si accompagna una diversità di disciplina: la proroga che interviene nei primi dodici mesi di durata del contratto, può essere concordata “liberamente” dalle parti; il rinnovo, quand’anche si collochi all’interno dello stesso arco temporale, richiede la presenza di una delle causali indicate dall’art. 19, comma 1, con tutti i problemi e le incertezze che ad esse si accompagnano.

 

1.1.L’intervallo fra un contratto e l’altro

La differenza fra proroghe e rinnovi risalta anche da un altro punto di vista. Con la proroga si assicura la continuità del rapporto di lavoro derivante dal contratto di lavoro a termine stipulato a monte. Con il rinnovo non solo si passa da un contratto di lavoro a termine ad un altro contratto di lavoro a termine, ma necessariamente occorre frapporre un intervallo fra un contratto e l’altro. Ciò deriva da quanto previsto dall’art. 21, comma 2, del d.lgs. n. 81/2015, non modificato dal decreto.

Scaduto un contratto a termine di durata fino a sei mesi, la “riassunzione” a termine dello stesso lavoratore, effettuata entro dieci giorni dalla data di scadenza del precedente contratto, dà luogo, per espressa previsione legislativa, ad un contratto a tempo indeterminato.

Scaduto un contratto a termine di durata superiore a sei mesi, la “riassunzione” a termine dello stesso lavoratore, effettuata entro venti giorni dalla data di scadenza del precedente contratto, dà luogo, per espressa previsione legislativa, ad un contratto a tempo indeterminato.

La novità dell’assetto normativo complessivamente in vigore consiste in questo: se si procede ad una riassunzione e quindi, ancora nel linguaggio legislativo, ad un “rinnovo”, sono due le condizioni richieste per evitare il contratto a tempo indeterminato: l’intervallo temporale fra un contratto e l’altro; la causale a giustificazione dell’ulteriore contratto (che potrebbe essere il secondo o più fra le stesse parti, nei limiti della “successione di contratti” a termine consentita: cfr. art. 19, comma 2).

 1.2.La possibile vicinanza temporale fra contratti a termine per attività stagionali.

Alla regola dell’intervallo fra un contratto e l’altro risultano espressamente sottratti i contratti a termine per lo svolgimento di attività stagionali individuate dai contratti collettivi nonché con decreto del Ministero del lavoro o, in mancanza di tale decreto, dal DPR n.1525/1963 (52 attività di disparata natura).

Anche grazie a questa previsione trova conferma la specialità della disciplina dei contratti a termine relativi ad attività stagionali, che riguarda gli intervalli fra un contratto a termine e l’altro, ma anche le proroghe e la “successione di contratti”.

 2.Qualche considerazione operativa.

Non sempre ci si trova in situazioni che consentono di scegliere fra la continuazione del rapporto di lavoro, nato come rapporto a termine, utilizzando una proroga oppure un rinnovo.

A tacer d’altro, il rapporto di lavoro può giungere al suo termine naturale senza che sia attuale l’esigenza di continuare la collaborazione.

La proroga, pertanto, in situazioni del genere potrà risultare non di interesse e solo il rinnovo, al verificarsi di una nuova esigenza, potrà risultare d’interesse, sempre sotto la condizione della sussistenza della causale.

In ogni caso, nel limite dei “primi dodici mesi”, anche a fini operativi va tenuta ben presente, la diversità di disciplina, da una parte, delle proroghe e, dall’altra, dei rinnovi.

Prof. Avv. Angelo Pandolfo Fieldfisher