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Decreto Dignità: Le proroghe del contratto a termine.


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Il decreto dignità ormai convertito in legge (d’ora in poi indicato come il decreto) ha modificato anche la disciplina delle proroghe dei contratti a termine. Le modifiche hanno riguardato l’art. 21 del d.lgs. 81/2015, che fin dalla sua entrata in vigore ha disciplinato “Proroghe e rinnovi” dei contratti a termine e tuttora ne tratta.

 

1.La nuova disciplina: numero, limite temporale e forma delle proroghe 

Prima dell’entrata in vigore del decreto, ossia fino al 13 luglio 2018, il termine del contratto poteva “… essere prorogato, con il consenso del lavoratore, solo quando la durata iniziale del contratto sia inferiore a trentasei mesi e, comunque, per un massimo di cinque volte nell’arco di 36 mesi a prescindere dal numero dei contratti”: art. 21, comma 1, d.lgs. n. 81/2015-versione precedente.

Con questa formulazione, si chiariva, dunque, che le cinque possibili proroghe erano attivabili in relazione all’insieme dei contratti a termine stipulati con il medesimo lavoratore.

Inoltre, imperante la a-causalità dell’apposizione del termine al contratto di lavoro, per l’attivazione della proroga era necessario, ma anche sufficiente, il consenso del lavoratore.

La disciplina dettata dalla precedente versione del d.lgs. n.81/2015 si segnalava anche perché lasciava cadere quanto previsto in tema di proroghe dall’ancora precedente d.lgs. n. 368/2001 che, a sua volta, legava le proroghe alla “stessa attività lavorativa per la quale il contratto è stato stipulato a tempo determinato”.

Ora, sulla disciplina delle proroghe si riflettono le conferme e le innovazioni recate dal decreto. Innanzitutto, le proroghe possono essere al massimo 4 (e non, come in precedenza, 5).

Il contratto a termine di durata non superiore a 12 mesi di durata resta, anche dopo il decreto, a-acausale; di riflesso, anche la proroga può essere concordata “liberamente nei primi dodici mesi di durata del contratto”.

Sempre che si resti nei primi dodici mesi, sussiste anche la possibilità di procedere a più proroghe a-causali: sembra ammetterlo la formulazione del nuovo comma 01 dell’art. 21 d.lgs. n. 81/2015, introdotto dal decreto.

Ne deriva la possibilità di situazioni del genere: viene stipulato, ad esempio, un contratto di quattro mesi; il contratto, prima della scadenza, è prorogato per altri 4 mesi e, poi, ancora di 4 mesi.

Siccome non si superano i dodici mesi, il contratto nella durata iniziale e le due proroghe non richiedono l’indicazione di causali di giustificazione.

La formulazione letterale del predetto comma 01 induce ad ipotizzare che, ai fini della applicazione del principio della a-causalità, è la proroga a dover essere concordata entro i primi dodici mesi, con la possibilità che il contratto per effetto della proroga possa superare i dodici mesi.

Al di là di quanto spinge a pensare la formulazione letterale, va tuttavia considerata l’influenza esercita sul predetto aspetto da quanto previsto dall’art. 19, comma 4, del d.lgs. n. 81/2015 anch’esso modificato dal decreto (su cui si torna alla fine del presente paragrafo).

Il singolo contratto a termine non può superare ventiquattro mesi; di riflesso, viene precisato che le possibili 4 proroghe possono essere concordate solo se la “durata iniziale del contratto sia inferiore a ventiquattro mesi”.

Le proroghe, inoltre, possono essere stipulate “per un massimo di quattro volte nell’arco di 24 mesi”: quindi, le proroghe, che protraggono la durata del contratto, comunque non possono portare ad una durata che vada oltre i 24 mesi “… a prescindere - come precisa sempre l’art. 21 - dal numero dei contratti”.

Secondo l’art. 19, comma 1, l’atto scritto relativo alla proroga, necessario anche per distinguere la proroga dalla continuazione di fatto del rapporto di lavoro a termine, deve contenere l’indicazione della causale “… quando il temine complessivo eccede i dodici mesi”.

Ciò, rilevante sotto diversi profili, fa concludere che la proroga richiede la causale quando fa superare i 12 mesi, quand’anche sia stipulata entro i dodici mesi.

 

1.1.Le “condizioni” delle proroghe e le conseguenze del ricorso illegittimo alle proroghe

La proroga può essere concordata “liberamente nei primi dodici mesi” di durata del contratto (art. 21, comma 01); dopo i primi dodici mesi, le proroghe possono essere pattuite solamente in presenza delle “condizioni” (causali) richieste dal nuovo art. 19, comma 1, d.lgs. n.81/2015.

Ci si può, quindi, interrogare sulle causali adottabili nei casi in cui una causale è richiesta per poter legittimamente prorogare il contratto.

A tal riguardo, possono darsi due diverse situazioni: la proroga riguarda un contratto che, non superando 12 mesi, inizialmente non è munito di una causale; la proroga riguarda un contratto che, superando 12 mesi di durata, è fin dall’inizio munito di una causale.

Ebbene, nel primo caso non c’è alcun dubbio che le parti del contratto, in assenza di una causale precedentemente posta a base del contratto, possano adottare a giustificazione della proroga una qualsiasi fattispecie inquadrabile in una delle “condizioni” indicate dall’art. 19, comma 1.

Nell’altro caso, si è indotti a prendere atto della formulazione dell’art. 21, comma 01, che, considerando le proroghe successive ai primi dodici mesi, richiede la “… presenza delle condizioni di cui all’articolo 19, comma 1”, senza porre alcuna specifica limitazione.

Avendo presente che le proroghe, a seconda dei casi, possono essere libere ovvero devono essere giustificate da una causale, il nuovo comma 01 dell’art. 21, facendo in pratica riferimento ai casi in cui è richiesta la causale di giustificazione, prevede che operi la trasformazione in contratto a tempo indeterminato qualora si proroghi il contratto senza una causale oltre i primi dodici mesi.

Sempre in tema di conseguenze del mancato rispetto delle limitazioni fissate per le proroghe, è confermata quella che, in caso di superamento del numero massimo di proroghe, prevede la trasformazione del contratto “in contratto a tempo indeterminato dalla data di decorrenza della quinta proroga”: art. 21, comma 1, d.lgs. n, 81/2015 (trasformazione che, nella precedente disciplina, si verificava dalla sesta proroga).

La proroga potrebbe portare la durata del contratto oltre 24 mesi. Questa è una eventualità particolare che non viene considerata espressamente.

Sovviene, al riguardo, la regola fissata in generale: il contratto a termine non può avere una durata eccedente i ventiquattro mesi. La trasformazione del contratto opera anche quando si va oltre i 24 mesi per effetto di una proroga.

 

1.2. I contratti per attività stagionali.

I contratti per attività stagionali, stipulati per l’esecuzione di attività individuate dai contratti collettivi e di quelle elencate nel DPR n.1525/1963 (52 attività di disparata natura), fruiscono di una particolare disciplina.

Come abbiamo visto, le proroghe, per non comportare la trasformazione del contratto, devono essere sorrette da una causale nei casi in cui si interviene con la proroga oltre i primi dodici mesi.

Ebbene, i contratti per le predette attività stagionali restano liberamente prorogabili anche nel caso in cui siano superati i primi dodici mesi: come afferma il già citato comma 01 dell’art. 21, i contratti per attività stagionali possono essere “… prorogati anche in assenza delle condizioni di cui all’articolo 19, comma 1”.

 

2.Qualche considerazione operativa

Il contratto a termine, senza indicazione di una causale, può raggiungere al massimo la durata di dodici mesi. Al contrario, il contratto a termine, munito di una causale, può superare i dodici mesi e giungere, come limite massimo di durata, a ventiquattro mesi.

Avendo la convinzione che la concreta situazione aziendale corrisponde ad una delle causali tratteggiate dall’art. 19, comma 1 (nel suo linguaggio, le “condizioni”) e facendo anche una previsione sulla permanenza nel tempo di tale situazione, si può addivenire fin dall’inizio ad un contratto a termine di durata superiore a dodici mesi.

Non manca, però, una alternativa.

Si può partire con un contratto a-causale e poi innestare una proroga o delle proroghe, così da poter superare i dodici mesi e, se del caso, giungere senza soluzione di continuità a ventiquattro mesi di durata del rapporto a termine.

A parte altre considerazioni, questo secondo schema attenua il rischio che la causale, nel divenire della situazione aziendale, non accompagni il contratto per tutta la sua durata.

Anche tale schema, peraltro, è da valutare bene alla luce delle incertezze che l’art. 19, comma 1, nella nuova versione, genera indicando le “condizioni” a cui è subordinato il superamento di dodici mesi di durata del contratto. Inoltre, detto schema va considerato anche alla luce di quanto il decreto prevede a proposito del “rinnovo” del contratto a termine (su cui Lavoro si accinge ad ospitare uno specifico contributo).

Prof. Avv. Angelo Pandolfo - Fieldfisher