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Corte Costituzionale: incostituzionale imporre l’obbligo di stipula di contratti di lavoro subordinato


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Con la sentenza n. 113 del 09.05.2022, la Corte Costituzionale afferma l’illegittimità costituzionale della norma regionale che impone alle strutture sanitarie private, laddove vogliano accreditarsi con il servizio pubblico, di instaurare esclusivamente rapporti di lavoro subordinato.

Il caso affrontato

Alcune strutture sanitarie impugnano, dinanzi al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, la circolare della Regione Lazio n. 775071/2019, recante «Disposizioni relative alla progressiva attuazione dell’articolo 9 comma 1 della Legge 28 dicembre 2018, n. 13», nella parte in cui stabilisce che il personale sanitario dedicato ai servizi alla persona delle strutture sanitarie private accreditate deve avere con la struttura un rapporto di lavoro dipendente regolato dal CCNL sottoscritto dalle associazioni maggiormente rappresentative nel settore sanitario.
Il Consiglio di Stato, investito del caso, solleva questione di legittimità costituzionale della predetta norma in relazione all’art. 117 Cost. (in relazione al rispetto delle norme comunitarie e al generale principio di ragionevolezza e proporzionalità), nonché agli artt. 3 e 41 Cost., in merito all’eccessiva limitazione dell’autonomia privata delle strutture sanitarie in termini di organizzazione dell’impresa.

La sentenza

La Corte Costituzionale non ritiene condivisibile la tesi difensiva spiegata dalla Regione, secondo cui la libera iniziativa economica privata può essere limitata per il perseguimento di uno scopo di carattere sociale, quale la tutela dei lavoratori, e di interesse della collettività, come la salute.

In particolare, secondo i Giudici, la norma censurata non appare in contrasto con l’art. 117 Cost., per quanto riguarda la concorrenza Stato-Regioni, dal momento che la stessa ha una finalità di promozione attiva dell’occupazione e non di regolamentazione del rapporto di lavoro.

Diversamente, la Consulta ravvisa un contrasto con gli artt. 3 e 41 della Cost., posto che imporre un unico modello, quale quello della subordinazione, è una soluzione non coerente né proporzionata con il fine sociale del perseguimento della tutela della salute.
Ciò anche in considerazione del fatto che per alcune figure professionali, soprattutto quelle di alta qualificazione, possono essere parimenti idonei rapporti di lavoro autonomo o di collaborazione. Il tutto in armonia con il dettato dell’art. 1 del D.Lgs. 81/2015, che individua nel lavoro subordinato la forma comune del rapporto, ma non anche l’unica, come previsto invece dalla Regione.

Su tali presupposti, la Corte dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 9 della L.R. 13/2018.

A cura di Fieldfisher