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Cassazione: presunzione di onerosità per il rapporto di lavoro con le organizzazioni di tendenza


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Con l’ordinanza n. 7703 del 28.03.2018, la Cassazione afferma che il rapporto di lavoro intercorso con un’organizzazione di tendenza si presume a titolo oneroso, gravando sulla parte che ne sostenga la riconducibilità ad una prestazione resa per motivazioni esclusivamente religiose, l’onere di provare la correlativa gratuità dell’attività resa dal prestatore.

Il fatto affrontato

La lavoratrice ricorre giudizialmente al fine di sentir accertare la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato con l’Associazione religiosa, presso cui, nel periodo 1983-2007, aveva svolto molteplici attività, senza aver ricevuto alcuna retribuzione se non una parziale remunerazione tramite una sorta di moneta sostitutiva utilizzabile unicamente all'interno della Comunità religiosa; chiedendo, conseguentemente, la condanna della medesima associazione al pagamento di differenze retributive e TFR.

L’ordinanza

La Cassazione censura, preliminarmente, la statuizione con cui la Corte d’Appello aveva affermato una vera e propria presunzione di gratuità di una prestazione, pur oggettivamente di lavoro, solo perché eseguita a vantaggio d'una associazione avente finalità di natura lato sensu culturale o spirituale.

Si è andato, infatti, consolidando il principio giurisprudenziale secondo cui il rapporto di natura religiosa esistente tra i soggetti non è sufficiente a dimostrare la natura affectionis vel benevolentiae causa della prestazione resa, ma occorre dare la prova rigorosa che tutto il lavoro sia stato prestato per motivazioni esclusivamente religiose e non in adempimento delle ordinarie obbligazioni civilistiche.

Il suddetto principio, secondo i Giudici di legittimità, risulta ulteriormente rafforzato dall’entrata in vigore del c.d. Codice del terzo settore (d.lgs. 117/2017), il quale, pur non applicabile al caso di specie, ha previsto regole più rigide a favore della costituzione di rapporti di lavoro con tutte le organizzazioni non lucrative di utilità sociale e di volontariato.

In ogni caso, continua la sentenza, il nostro ordinamento ha da sempre previsto la possibilità di instaurare rapporti di lavoro subordinato alle dipendenze di organizzazioni di tendenza, nei confronti dei quali opera, come detto, una presunzione di onerosità, gravando, pertanto, sulla parte che ne sostenga la riconducibilità ad un rapporto diverso da quello subordinato, con correlativa gratuità dell’attività, l'onere di una prova tanto più rigorosa di tale assunto quante volte siano provate anche erogazioni periodiche di denaro in favore del prestatore, per le quali quest'ultimo non è tenuto a dimostrare l'insussistenza di un titolo di altra natura.

Su tali presupposti, la Suprema Corte, vista la sussistenza, nel caso di specie, di una prestazione lavorativa in qualche maniera remunerata, non ha ritenuto assolto l’onere della prova da parte dell’Associazione circa la gratuità del rapporto intercorso con la prestatrice, tanto da accogliere il ricorso proposto da quest’ultima, cassando con rinvio la sentenza impugnata.

A cura di Fieldfisher