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Corte Costituzionale: natura risarcitoria della somma dovuta dal datore che viola l’ordine provvisorio di riammettere in servizio il dipendente illegittimamente licenziato


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Con la sentenza 86 del 23.04.2018, la Corte Costituzionale afferma che l’indennità, di cui al 4° comma dell’art. 18 della l. 300/1970 così come novellato della riforma Fornero, dovuta dall’azienda che si rifiuti di eseguire l’ordine provvisorio di riammissione in servizio del dipendente illegittimamente licenziato, ha natura risarcitoria e non retributiva, con la conseguenza che, in caso di riforma della pronuncia di reintegrazione, l’imprenditore può chiedere la ripetizione di detta somma.

Il caso affrontato

Il Tribunale ordinario di Trento, in funzione di giudice del lavoro, nel corso di un procedimento, premessane la rilevanza e ritenutane la non manifesta infondatezza, solleva, in riferimento all’art. 3, primo comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 18, comma 4, l. 300/1970 (nella versione post riforma Fornero).
Il Giudice chiede che la Consulta valuti la legittimità della predetta norma, nella parte in cui la stessa attribuisce natura risarcitoria, anziché retributiva, alle somme di denaro che il datore è tenuto a corrispondere in relazione al periodo intercorrente dalla pronuncia di annullamento del licenziamento, con condanna alla reintegrazione nel posto di lavoro, fino all’effettiva ripresa dell’attività lavorativa od alla riforma della prima pronuncia.

La sentenza

La Corte Costituzionale ritiene di non potere aderire alla censura mossa alla norma da parte del Giudice del Tribunale di Trento, secondo cui la disposizione legislativa determinerebbe un’ingiustificata disparità di trattamento, in relazione alla ripetibilità delle somme assegnate al lavoratore, tra la posizione del datore che ottemperi all’ordine di reintegra e quello che, invece, non vi dia esecuzione.

Per la Consulta la suddetta questione è infondata.
Infatti, l’ordine provvisorio di reintegrare il dipendente, avendo ad oggetto un facere infungibile, può essere attuato solo con la collaborazione del datore, il quale se non ottempera a tale ordine compie un illecito istantaneo ad effetti permanenti, dal quale deriva a suo carico un’obbligazione risarcitoria del danno subito dal lavoratore.

A giudizio della Corte, pertanto, la norma denunciata è coerente al contesto della fattispecie disciplinata, essendo l’indennità collegata ad una condotta contra ius tenuta dal datore e non ad una prestazione lavorativa svolta dal dipendente.

Da ciò deriva la natura risarcitoria e non retributiva della suddetta somma, con il conseguente obbligo del lavoratore di restituirla nel caso in cui il provvedimento di riammissione in servizio venga riformato.
Unico rimedio esperibile dal lavoratore in quest’ultimo caso è, secondo la Corte Costituzionale, quello di chiedere all’azienda, in via riconvenzionale, il risarcimento per i danni subiti per il mancato reintegro, da quando è stato emesso l’ordine di riammissione provvisoriamente esecutivo a quando lo stesso è stato riformato.

A cura di Fieldfisher