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Corte Costituzionale: la tutela della sicurezza dei lavoratori deve avere la prevalenza sull’interesse datoriale alla prosecuzione dell’attività d’impresa


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Con la sentenza 58 del 28.03.2018, la Corte Costituzionale afferma che l'attività d'impresa si deve esplicare sempre in modo da non recare danno alla sicurezza, alla libertà ed alla dignità umana; altrimenti la stessa deve considerarsi lesiva dei diritti costituzionali inviolabili legati alla tutela della salute e della vita stessa (artt. 2 e 32 Cost.), cui deve ritenersi inscindibilmente connesso il diritto al lavoro in ambiente sicuro e non pericoloso (artt. 4 e 35 Cost.).

Il caso affrontato

Il GIP del Tribunale di Taranto, investito di un procedimento inerente l’infortunio mortale subito da un lavoratore esposto, senza adeguate protezioni, ad attività pericolose all’interno di un altoforno, poi sequestrato, dello stabilimento aziendale, solleva questioni di legittimità costituzionale dell’art. 3 del DL 92/2015 (recante “Misure urgenti in materia di rifiuti e di autorizzazione integrata ambientale, nonché per l'esercizio dell'attività d'impresa di stabilimenti industriali di interesse strategico nazionale”).

La sentenza

Il citato art. 3 del DL 92/2015 statuisce che, diversamente da quanto succedeva in passato, l'esercizio dell'attività di impresa degli stabilimenti di interesse strategico nazionale non è impedito dal provvedimento di sequestro laddove lo stesso si riferisca ad ipotesi di reato inerenti alla sicurezza dei lavoratori, a condizione che la società predisponga, entro trenta giorni, un piano di intervento recante misure ed attività aggiuntive per la tutela della sicurezza sui luoghi di lavoro.

Questa nuova definizione dei principi che regolano il rapporto tra tutela del diritto alla salute dei lavoratori ed interesse datoriale alla prosecuzione dell'attività d'impresa, porta il GIP a sollevare questioni di legittimità costituzionale della suddetta norma, in riferimento agli articoli 2, 3, 4, 32, primo comma, 35, primo comma, 41, secondo comma, e 112 della Costituzione.

La Consulta accoglie la questione di legittimità prospettatale, ritenendo che, con il proprio intervento, il legislatore abbia privilegiato eccessivamente l'interesse alla prosecuzione dell'attività produttiva, trascurando del tutto le esigenze di diritti costituzionali inviolabili legati alla tutela della salute e della vita stessa (ai sensi degli artt. 2 e 32 Cost.), cui deve ritenersi inscindibilmente connesso il diritto al lavoro in ambiente sicuro e non pericoloso (ex artt. 4 e 35 Cost.).

Secondo la Corte, il sacrificio di tali fondamentali valori costituzionalmente tutelati porta a ritenere che la normativa impugnata non rispetti i limiti che la Costituzione stessa impone all'attività d'impresa la quale, ai sensi dell'art. 41, si deve esplicare sempre in modo da non recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana.
Rimuovere prontamente i fattori di pericolo per la salute, l'incolumità e la vita dei lavoratori costituisce, infatti, condizione minima ed indispensabile perché l'attività produttiva si svolga in armonia con i principi costituzionali, sempre attenti anzitutto alle esigenze basilari e primarie della persona.

A cura di Fieldfisher