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Novità in materia di subappalto


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1. PREMESSA.

Le interrelazioni tra diritto del lavoro e disciplina del subappalto sono molteplici.

E’ sufficiente ricordare che sin dal 1942 il c.c., art. 1676, prevede la responsabilità solidale del Committente nei confronti degli ausiliari, e si ritiene siano tali anche i dipendenti del subappaltatore e poi l’art. 29 della cosiddetta Legge Biagi d.lgs. n. 276/2003 su cui si dirà infra.

Più di recente, il c.d. “decreto fiscale” del 26 ottobre 2019, n. 124, introduceva degli obblighi del Committente in qualità di sostituto d’imposta rispetto all’appaltatore e al subappaltatore, contribuendo a rafforzare le correlazioni in parola.

Tuttavia, con la Legge di conversione del predetto decreto, anche grazie ai commenti negativi avanzati dagli stakeholders, è stata eliminata detta funzione di sostituto d’imposta con il mantenimento comunque di importanti obblighi comunicativi tra i predetti soggetti (su cui infra).

Operativamente, poi, l’opportunità del ricorso a lavoratori propri o a subappalto è un elemento spesso cruciale nelle valutazioni dei progetti di investimento.

Nel campo degli appalti pubblici la questione si intreccia a quella della prevenzione della corruzione che pure è una tematica non estranea al diritto del lavoro.

Fatta questa premessa, può passarsi ad analizzare alcuni profili rilevanti della materia del subappalto nei contratti pubblici. 

 

2. NOVITÀ RILEVANTI CODICE DEI CONTRATTI PUBBLICI.

Non si pretende in questa sede di ripercorrere tutta la disciplina del subappalto negli appalti pubblici, si evidenziano soltanto alcuni eventi recenti che hanno inciso su tale disciplina.

2.1. QUOTA MASSIMA SUBAPPALTO (ART. 105, COMMA 2)

Come noto, in base all’art. 105, comma 2 del Codice dei contratti pubblici (di seguito Codice), il subappalto non può superare la quota del 30% (40% fino al 31 dicembre 2020) dell’importo complessivo del contratto di lavori, servizi o forniture.

Tuttavia, secondo la Corte di Giustizia Europea, causa C-63/18 - Vitali S.p.A. contro Autostrade per l’Italia S.p.A., sentenza 26 settembre 2019, sono contrarie alla direttiva 2004/18/CE le disposizioni del Codice che limitano il ricorso al subappalto a una percentuale massima del 30% dell’importo complessivo del contratto, in via generale e astratta.

La premessa a tale decisione è che il ricorso al subappalto - che può favorire l’accesso delle piccole e medie imprese agli appalti pubblici - è funzionale al fine di rendere possibile la più ampia apertura di un bando di gara alla concorrenza.

In tale contesto, la lotta alla criminalità organizzata non può giustificare una così radicale e sproporzionata limitazione del subappalto.

Ciò che sembra eccessivo è il fatto che – per tutti gli appalti – una parte rilevante dei lavori, delle forniture o dei servizi interessati dev’essere realizzata dall’offerente stesso, sotto pena di vedersi automaticamente escluso dalla procedura di aggiudicazione dell’appalto, anche nel caso in cui l’ente aggiudicatore sia in grado di verificare le identità dei subappaltatori interessati e ove ritenga, in seguito a verifica, che siffatto divieto non sia necessario al fine di contrastare la criminalità organizzata nell’ambito dell’appalto in questione.

Tale pronuncia è stata confermata anche dalla Corte di Giustizia dell'Unione Europea, causa C-402/18 - Tedeschi S.r.l e Consorzio Stabile Istant Service contro C.M. Service S.r.l e Università degli Studi di Roma La Sapienza, sentenza 27 novembre 2019, la quale ha ritenuto che la direttiva 2004/18/CE deve essere interpretata nel senso che:
- essa osta a una normativa nazionale che limita al 30% la quota parte dell'appalto che l'offerente è autorizzato a subappaltare a terzi;
- essa osta, inoltre, a una normativa nazionale che limita la possibilità di ribassare i prezzi applicabili alle prestazioni subappaltate di oltre il 20% rispetto ai prezzi risultanti dall'aggiudicazione.

Al di là della portata significativa sulle nuove procedure d’appalto, è interessante notare come queste pronunzie appaiono avere degli effetti retroattivi “naturali” e potrebbero quindi essere applicabili ai contratti in corso, pur se stipulati antecedentemente alla pronunzia del Giudice UE.

Infatti, di regola, le sentenze pregiudiziali della Corte hanno efficacia retroattiva o ex tunc, nel senso che la norma dell’UE oggetto della questione pregiudiziale si dovrà interpretare in conformità a quanto chiarito dalla Corte sin dal momento della sua entrata in vigore, sulla base del presupposto che la Corte non fa altro che chiarire e precisare il significato e la portata della norma, quale deve o avrebbe dovuto essere intesa e applicata dal giudice o dall’Amministrazione dello Stato membro anche a rapporti giuridici sorti prima della sentenza interpretativa.

In ogni caso, anche alla stregua del diritto nazionale, ove il divieto di limitazioni al subappalto fosse considerato norma di carattere imperativo, si porrebbe il problema della sua possibile applicazione ai contratti in corso, o quantomeno sulle prestazioni non esaurite.

2.2. ANAC - ATTO DI SEGNALAZIONE N. 8 DEL 13 NOVEMBRE 2019 CONCERNENTE LA DISCIPLINA DEL SUBAPPALTO DI CUI ALL’ART. 105 DEL D.LGS. 18 APRILE 2016, N. 50

Nel commentare la sentenza 26 settembre 2019 della Corte di Giustizia, l’Autorità suggerisce alcuni accorgimenti e “contrappesi” che la disciplina nazionale deve prevedere nell’adeguarsi in senso conformativo all’orientamento della Corte.

Anzitutto, viene in rilievo la questione di un eventuale subappalto del 100% delle prestazioni oggetto del contratto, ovvero di una parte talmente rilevante di esse che, di fatto, la commessa viene svolta sostanzialmente da terzi e non dal soggetto aggiudicatario.

Al riguardo, se da un lato il Giudice europeo ha censurato il limite al subappalto previsto dal diritto interno, dall’altro non sembra aver stabilito la possibilità per gli offerenti di ricorrervi in via illimitata.

Infatti, in un passaggio della sentenza si legge che “Tuttavia (…) una restrizione come quella di che trattasi nel procedimento principale eccede quanto necessario al raggiungimento di tale obiettivo”.

Con ciò il Giudice lascerebbe in qualche modo intendere che la limitazione non è in sé inammissibile quanto, piuttosto, che l’entità del limite in essere (pari 30% al momento della decisione) appare eccessiva rispetto allo scopo da perseguire.

Sul punto, è di tutta evidenza che il subappalto dell’intera prestazione o quasi, specie se necessario al fine di ottenere la qualificazione in gara (c.d. “subappalto necessario”), snaturerebbe il senso dell’affidamento al contraente principale, dovendosi in tal caso favorire - a fronte di un massiccio coinvolgimento di soggetti terzi - la partecipazione diretta alla gara da parte di tali soggetti, con assunzione della responsabilità solidale verso la stazione appaltante, analogamente a quanto avviene in altri istituti (ad esempio, nei raggruppamenti temporanei di impresa e nei consorzi ordinari, cfr. art. 48, comma 5, del Codice), atteso che il subappaltatore non ha alcun obbligo nei confronti della stazione appaltante.

Ai sensi del comma 8 dell’art. 105, infatti, “Il contraente principale è responsabile in via esclusiva nei confronti della stazione appaltante”. Tra l’altro, si osservi che l’art. 71 della Direttiva, così come il previgente art. 25 della direttiva 2004/18/CE, prevede che nei documenti di gara l’amministrazione aggiudicatrice possa chiedere o possa essere obbligata da uno Stato membro a chiedere all’offerente di indicare nell’offerta “le eventuali parti dell’appalto che intende subappaltare a terzi”, nonché i subappaltatori proposti.

Anche la Direttiva parla, dunque, di “parti” dell’appalto da subappaltare a terzi, lasciando quindi intravedere che la regola generale cui attenersi è quella del subappalto di una porzione e non dell’intera commessa.

Un primo aspetto che ANAC segnala al legislatore è, dunque, quello di valutare il mantenimento del divieto (formale o sostanziale) di subappalto dell’intera commessa o di una sua parte rilevante.

Per gli altri casi, una possibile soluzione per superare i rilievi della Corte di Giustizia potrebbe essere quella di prevedere la regola generale dell’ammissibilità del subappalto, richiedendo alla stazione appaltante l’obbligo di motivare adeguatamente un eventuale limite al subappalto in relazione allo specifico contesto di gara, evitando di restringere ingiustificatamente la concorrenza.

In tal senso, alcuni dei criteri, da fissare in via esemplificativa, potrebbero individuarsi a partire da quelli indicati dalla Corte nella sentenza, cioè il settore economico o merceologico di riferimento, la natura (ad esempio principale/prevalente o accessoria) della prestazione, ma anche specifiche esigenze che richiedono di non parcellizzare l’appalto, con finalità di carattere preventivo rispetto a fenomeni di corruzione, spartizioni o di rischio di infiltrazioni criminali e mafiose, ma anche di carattere organizzativo, per una più efficiente e veloce esecuzione delle prestazioni.

Altro criterio che potrebbe essere oggetto di valutazione è quello inerente il valore e la complessità del contratto, al fine di consentire maggiore libertà per appalti di particolare rilevanza che suggeriscono di accordare più flessibilità nella fase realizzativa.

Riguardo al criterio del settore economico menzionato dalla Corte di Giustizia, alcune restrizioni potrebbero essere motivate, ad esempio, in ragione del limitato numero di operatori economici qualificati o dei possibili partecipanti, proprio al fine di promuovere la più ampia concorrenza, atteso che la presenza di uno o più subappaltatori potrebbe favorire accordi spartitori in fase di gara.

Altra possibilità, nell’affidamento dei lavori pubblici, è quella di far valere eventuali ragioni di sicurezza alla luce delle specificità del cantiere, laddove la presenza di molteplici addetti appartenenti a più operatori potrebbe aumentare i rischi di scarso coordinamento e attuazione delle misure di tutela del lavoro.

Il Legislatore, inoltre, al fine di bilanciare la maggiore libertà di subappalto con le esigenze di trasparenza e di garanzia di affidabilità, in particolare al superamento di determinate soglie, potrebbe stabilire l’obbligo di indicare i subappaltatori già in fase di gara al fine di consentire alla stazione appaltante di conoscere preventivamente i soggetti incaricati e di effettuare le opportune verifiche che, naturalmente, non si sostituirebbero a quelle ulteriori in fase esecutiva propedeutiche all’autorizzazione al subappalto di cui all’art. 105, comma 4, del Codice.

In sostanza, in caso di limiti al subappalto adeguatamente motivati ma entro determinate soglie, si potrebbe confermare l’attuale sistema della mera indicazione della intenzione di subappaltare alcune parti del contratto e di verificare il subappaltatore in fase di autorizzazione. Oltre determinate soglie, invece, si potrebbe prevedere la verifica obbligatoria dei subappaltatori anche in fase di gara.

In tale secondo caso, potrebbe altresì considerarsi la possibilità di concedere al concorrente la facoltà (non l’obbligo) di indicare un elenco di subappaltatori potenziali entro un determinato (e limitato) numero; tale limitazione, oltre a ridurre i rischi poc’anzi evidenziati, consentirebbe di contenere adempimenti e oneri dichiarativi per imprese e stazioni appaltanti.

2.3. CONDIZIONI PER L’AUTORIZZAZIONE (ART. 105, COMMA 4)

Anche alla luce di quanto sopra ricordato, è rilevante notare che nel Codice dei contratti pubblici è previsto, a differenza del Vecchio Codice, il divieto di autorizzare subappalti nei confronti di soggetti che abbiano partecipato autonomamente alla stessa procedura.

Tuttavia non appare chiara la ratio della norma, anche in considerazione dei principi di libertà di impresa e di concorrenza sopra ricordati, e pertanto la giurisprudenza su questo specifico tema ammette talvolta una disciplina meno rigida, conducendo ad ipotizzare che tale divieto debba essere applicabile non in maniera automatica e pedissequa ma solo a valle di una specifica valutazione da parte della stazione appaltante circa il possibile carattere collusivo delle due offerte.

In particolare, è in questo senso l’orientamento espresso di recente, seppure in relazione a procedure antecedenti alla nuova formulazione dell’art. 105, comma 4, lett. a), dal TAR Piemonte, nella sentenza n. 395/2017, nonché nella sentenza n. 328/2017, secondo cui, ove il divieto in parola sia previsto dagli atti della procedura, è illegittima l’esclusione da una gara comminata sulla base della mera circostanza che lo stesso soggetto si è palesato nella medesima gara, in un caso, come concorrente e, in due altri casi, come subappaltatore.

Inoltre rileva la pronuncia della Corte di Giustizia dell’Unione Europea del 22 ottobre 2015 in causa C- 425/14, Edilux, nella quale è stato affermato che è contrario al principio di proporzionalità imporre a un concorrente l’obbligo di dichiarare a pena di esclusione che non verranno subappaltate lavorazioni di alcun tipo ad altre imprese partecipanti alla gara. Secondo il Giudice di Lussemburgo, infatti, tale assoluto divieto implica una “presunzione irrefragabile secondo la quale l’eventuale subappalto da parte dell’aggiudicatario, dopo l’aggiudicazione dell’appalto, a un altro partecipante alla stessa gara d’appalto derivi da una collusione tra le due imprese interessate, senza possibilità di dimostrare il contrario”, ma tale soluzione, secondo la Corte, eccede quanto necessario al fine di prevenire comportamenti collusivi.

Analoghe posizioni sono state assunte da altre autorità giurisdizionali amministrative nazionali sia precedenti sia successive (Vedasi TAR Campania, Sez. I, 13 giugno 2017, n. 3227; Cons. di Stato, Sez. VI, 28 febbraio 2000, n. 1056. e, di recente, Cons- di Stato, Sez. III, 17 aprile 2018, n. 2317).

Secondo le sentenze sopra citate, non è conforme al principio di proporzionalità l’automatica esclusione di un concorrente che risulti anche indicato da altri quale subappaltatore, tanto più che l’indicazione del subappaltatore non implica necessariamente una previa formalizzazione dei rapporti tra subappaltatore stesso ed il concorrente che lo indica.

In conclusione la fattispecie in parola (partecipazione alla gara sia nella veste di subappaltatore sia nella veste di concorrente) appare molto rischiosa, potendosi qualificare alla stregua di elemento sintomatico di collusione, ma non sembra vietata di per sé.

2.4. OBBLIGO INDICAZIONE DELLA TERNA (ART. 105, COMMA 6)

Sempre tra le novità dell’anno 2019, conviene ricordare che l’obbligo di indicare una terna di subappaltatori, introdotto dal Dlgs. 50/2016 e modificato dal D. Lgs. 56/2017, è stato sospeso fino al 31 dicembre 2020 dall'art. 1, comma 18, secondo periodo, della legge n. 55 del 2019.

Anche tale obbligo, alla luce della giurisprudenza suesposta della Corte in materia di subappalto, potrebbe essere oggetto di rimeditazione alla fine del periodo di sospensione.

2.5. LA RESPONSABILITÀ DELL’APPALTATORE (ART. 105, COMMA 8)

Occorre altresì ricordare la responsabilità dell’appaltatore prevista dal Codice nel contesto del ricorso a subappalti.

In primo luogo, l’appaltatore è responsabile in via esclusiva per l’esecuzione dell’appalto nei confronti della S.A., quindi il rapporto contrattuale intercorre soltanto tra Committente pubblico e appaltatore, a tale rapporto sono in linea di principio estranei i subappaltatori, tanto più i lavoratori dello stesso.

In secondo luogo, sussiste responsabilità in solido tra l’appaltatore e il subappaltatore in relazione agli obblighi retributivi e contributivi del personale dipendente, rinviando il Codice specificamente all’articolo 29, co.2, del d.lgs. n. 276/2003 (cd. “Legge Biagi”) “In caso di appalto di opere o di servizi, il committente imprenditore o datore di lavoro è obbligato in solido con l'appaltatore, nonché con ciascuno degli eventuali subappaltatori entro il limite di due anni dalla cessazione dell'appalto, a corrispondere ai lavoratori i trattamenti retributivi, comprese le quote di trattamento di fine rapporto, nonché i contributi previdenziali e i premi assicurativi dovuti in relazione al periodo di esecuzione del contratto di appalto, restando escluso qualsiasi obbligo per le sanzioni civili di cui risponde solo il responsabile dell'inadempimento”.

Tale principio subisce una eccezione nel caso di pagamento diretto del subappaltatore da parte della S.A., di cui si dirà infra, previsto nelle lettere a) e c) di cui al comma 13 dell’articolo 105 (per MPMI e su richiesta), che libera l'appaltatore dalla responsabilità solidale in relazione agli obblighi retributivi e contributivi nei confronti del personale dipendente del subappaltatore.

2.6. OBBLIGHI EX LEGE DELLA STAZIONE APPALTANTE: VERSAMENTO DIRETTO AGLI ENTI PREVIDENZIALI (ART. 105, COMMA 10)

Pur se il rapporto contrattuale si instaura soltanto tra committente e appaltatore, nondimeno la stazione appaltante è gravata di specifici obblighi. Infatti, in caso di ritardo nel pagamento delle retribuzioni dovute al personale dipendente dell'esecutore o del subappaltatore o dei soggetti titolari di subappalti e cottimi, nonché in caso di inadempienza contributiva risultante dal documento unico di regolarità contributiva, si applicano le disposizioni di cui all'articolo 30, commi 5 e 6 del Codice (i.e. la stazione appaltante trattiene dal certificato di pagamento l’importo corrispondente all’inadempienza per il successivo versamento diretto agli enti previdenziali e assicurativi o al personale dipendente).

2.7. OBBLIGHI EX LEGE DELLA STAZIONE APPALTANTE: PAGAMENTO DIRETTO SUBAPPALTATORE (ART. 105, COMMA 13)

Inoltre, da mera facoltà della S.A. (quando lo si prevedeva nel bando) nel vecchio Codice, il pagamento diretto del subappaltatore da parte della stazione appaltante, nel nuovo Codice, è divenuto un preciso obbligo nei seguenti casi:
1) Quando il subappaltatore è una microimpresa o una piccola impresa
2) In caso di inadempimento dell’appaltatore
3) Su richiesta del subappaltatore e se la natura del contratto lo consente.

2.8. MOTIVI DI ESCLUSIONE PER CARENZA REQUISITI SOGGETTIVI SUBAPPALTATORE E PRINCIPIO EUROPEO DI PROPORZIONALITÀ

Sempre in materia di subappalto, vale ricordare la recentissima sentenza Corte di Giustizia Europea, causa C-395/2018 – Tim S.p.A. contro Consip S.p.A. ed E-VIA S.p.A., sentenza del 30 gennaio 2020, la quale ha statuito che sono compatibili con il diritto UE le previsioni nazionali secondo cui le cause escludenti dell’art. 80, comma 5, del Codice, sono applicabili anche in relazione a ipotesi espulsive realizzate dai subappaltatori del concorrente.

Tuttavia, dette previsioni contrastano con l’art. 57, paragrafo 6, della direttiva 2014/24 e con il principio di proporzionalità, nella parte in cui prevedono l’esclusione automatica dalla gara dell’impresa qualora si trovi in una delle situazioni richiamate dalla disposizione normativa, anche se riferita ad un suo subappaltatore, senza consentire all’amministrazione aggiudicatrice, prima di applicare tale sanzione, di valutare le circostanze del caso concreto e all’impresa di dimostrare la propria affidabilità nonostante la riscontrata violazione.

Nello specifico, la Corte ha rilevato come la normativa nazionale richiamata sia contraria al principio di proporzionalità, in quanto non consente all’operatore economico di dimostrare di aver adottato tutte le misure idonee a provare la sua affidabilità, e la dovuta diligenza nel selezionare il subappaltatore.

Secondo la Corte di Giustizia, quindi, l’art. 80, comma 5, del Codice, il quale impone alla stazione appaltante di applicare la sanzione automatica dell’esclusione dalla procedura di aggiudicazione dell’appalto dell’operatore economico, senza accertare le circostanze del caso concreto e la natura dell’irregolarità commessa dal concorrente nell’individuare il subappaltatore, eccede il margine di discrezionalità che possiedono gli Stati membri nel trasporre la direttiva 2014/24 ed è, dunque, lesivo del principio di proporzionalità.

 

3. DECRETO FISCALE SOSTITUTO D’IMPOSTA E DURF.

La Legge 19 dicembre 2019, n. 157 di conversione, con modificazioni, del Decreto-Legge 26 ottobre 2019, n. 124 recante "Disposizioni urgenti in materia fiscale e per esigenze indifferibili" (c.d. Decreto Fiscale) ha previsto, all'art. 4, una modifica del Decreto Legislativo 9 luglio 1997, n. 241, con l'inserimento del nuovo art.17-bis recante "Ritenute e compensazioni in appalti e subappalti ed estensione del regime del reverse charge per il contrasto dell’illecita somministrazione di manodopera".

Nel dettaglio, la suddetta disposizione, configurata in origine come impositiva di un sistema di sostituto d’imposta, prevede che il committente che affida il compimento di una o più opere o di uno o più servizi di importo complessivo annuo superiore a 200.000 euro ad un’impresa, tramite contratti di appalto, subappalto, affidamento a soggetti consorziati o rapporti negoziali comunque denominati, caratterizzati da prevalente utilizzo di manodopera presso le sedi di attività del committente con l'utilizzo di beni strumentali di proprietà di quest'ultimo o ad esso riconducibili in qualunque forma, deve richiedere a tali imprese appaltatrici/subappaltatrici/affidatarie copia delle deleghe di pagamento relative al versamento delle ritenute fiscali per i lavoratori dipendenti direttamente impiegati nei lavori o servizi.

A tal fine, le imprese appaltatrici o affidatarie e subappaltatrici dovranno effettuare distinti versamenti, con F24 specifico per singolo committente, senza possibilità di compensazione delle ritenute dovute con propri crediti fiscali.

Le medesime dovranno inoltre trasmettere al committente entro i 5 giorni lavorati successivi al versamento delle ritenute:
• le deleghe di pagamento;
• l’elenco nominativo di tutti i lavoratori, identificati mediante codice fiscale, coinvolti nell’opera o nel servizio nel mese precedente, con:
o il dettaglio delle ritenute eseguite nel mese precedente nei confronti dello stesso lavoratore con separata indicazione di quelle relative alla prestazione effettuata dal committente;
o l’ammontare della retribuzione corrisposta al dipendente in relazione alla prestazione;
o il dettaglio delle ore di lavoro prestate da ciascun lavoratore nell’esecuzione dell’opera o servizio.

Sotto il profilo delle responsabilità, giova evidenziare che le imprese appaltatrici e subappaltatrici restano responsabili per la corretta determinazione delle ritenute e per la corretta esecuzione delle stesse, nonché per il versamento, senza possibilità di compensazione, laddove entro il termine previsto non abbiano provveduto all’esecuzione del versamento al committente o non abbiano trasmesso la richiesta allo stesso.

In tal caso, il committente dovrà sospendere il pagamento dei corrispettivi maturati (sino a concorrenza del 20% del valore complessivo dell’opera, ovvero per un importo pari alle ritenute non versate ma risultanti dalla documentazione trasmessa), dandone comunicazione entro 90 giorni all’ufficio dell’Agenzia delle Entrate competente per territorio.

I committenti sono altresì responsabili nel caso in cui non chiedano copia delle deleghe di pagamento o non sospendano il pagamento dei corrispettivi a fronte dell’omesso o insufficiente versamento delle ritenute da parte dell’appaltatore/subappaltatore/affidatario, ed al riguardo sono previste sanzioni pari al 20% dell’importo delle ritenute non trattenute dal datore di lavoro o al 30% dell’importo delle ritenute non versate.

Ad ogni modo, il legislatore ha previsto una sorta di salvacondotto per quelle imprese appaltatrici/subappaltatrici/affidatarie che comunicano al committente, tramite certificazione, la sussistenza nell’ultimo giorno del mese precedente a quello della scadenza (5 giorni successivi alla scadenza del versamento) dei seguenti requisiti:
a) risultino in attività da almeno 3 anni e in regola con gli obblighi dichiarativi e abbiano eseguito nel corso dei periodi d’imposta cui si riferiscono le dichiarazioni dei redditi presentate nell’ultimo triennio complessivi versamenti registrati nel conto fiscale per un importo superiore al 10% dell’ammontare dei ricavi e compensi risultanti dalle dichiarazioni medesime;
b) non abbiano iscrizioni a ruolo o accertamenti esecutivi o avvisi di accertamento, affidati agli agenti della riscossione relativi alle imposte sul reddito, IRAP, ritenute e contributi previdenziali per importi superiori a 50.000 euro, per i quali siano ancora dovuti pagamenti o per i quali non siano stati accordati provvedimenti di sospensione.

A tali imprese, inoltre, è consentito pagare i contributi previdenziali, assistenziali e i premi assicurativi mediante compensazione con i propri crediti fiscali.

La suesposta disciplina verrà applicata a decorrere dal 1° gennaio 2020, comportando tuttavia non pochi problemi applicativi.

Innanzitutto, tali disposizioni dovranno essere applicate ai contratti in essere, comportando una sorta di effetto spiazzamento nei confronti dell’impresa appaltatrice e subappaltatrice che hanno regolato i loro rapporti sulla base di accordi che non prevedevano siffatto meccanismo di contabilità.

Sotto altro aspetto, le stazioni appaltanti dovranno affrettarsi a rivedere i loro modelli di fatturazione e ad adeguarli alla normativa in parola.

Sono state emanate dall’Agenzia delle Entrate i seguenti provvedimenti attuativi: Risoluzione - 23/12/2019, n.108; Risoluzione - 24/12/2019, n.109/E; Provvedimento del 6 febbraio 2020, recante Approvazione dello schema di certificato di sussistenza dei requisiti previsti dall’articolo 17-bis, comma 5, del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241.

Avv. Giovanni Caputi - Fieldfisher