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Cassazione: la revocazione della sentenza nel processo del lavoro


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Con l’ordinanza n. 40895 del 20.12.2021, la Cassazione afferma che il lavoratore può chiedere la revocazione della pronuncia di declaratoria del licenziamento, solo in presenza di un documento decisivo – preesistente alla pronuncia – che non sia stato prodotto per causa di forza maggiore o per circostanze imputabili alla controparte datoriale.

Il fatto affrontato

Il lavoratore impugna giudizialmente il licenziamento irrogatogli per abuso nella fruizione di due permessi sindacali.
All’esito del rigetto del predetto ricorso, il medesimo chiede la revocazione della sentenza, essendo venuto in possesso di una analisi del traffico telefonico che, tramite l’esame di una cella agganciata in zona prossima alla sede sindacale, confermava la sua presenza alla riunione.

L’ordinanza

La Cassazione - nel confermare la statuizione della Corte d’Appello - rileva, preliminarmente, che l'ipotesi di revocazione, di cui all'art. 395, n. 3, c.p.c., presuppone che il documento decisivo preesista alla decisione impugnata.

Per la sentenza, ne consegue che la disposizione in esame non può essere invocata facendo riferimento ad un documento formato dopo la decisione.

Secondo i Giudici di legittimità, infatti, condizione essenziale per ottenere la revocazione della sentenza è la presenza di un documento decisivo - trovato successivamente alla decisione - che la parte non abbia potuto a suo tempo produrre per causa di forza maggiore o per fatto dell'avversario.

Su tali presupposti, la Suprema Corte rigetta il ricorso proposto dal lavoratore, posto che lo stesso avrebbe potuto ottenere e produrre l’analisi del traffico telefonico anche al momento dell’insaturazione del giudizio di impugnativa del licenziamento.

A cura di Fieldfisher