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Cassazione: il datore è tenuto a versare la contribuzione anche per i giorni di assenza ingiustificata dei dipendenti


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Con la sentenza n. 15120 del 03.06.2019, la Cassazione afferma che le assenze dal lavoro dei dipendenti non contrattualmente giustificate, non esonerano il datore dal pagamento della contribuzione inerente a detti periodi.

Il fatto affrontato

Il datore di lavoro impugna giudizialmente un verbale di accertamento con il quale l'INAIL gli aveva contestato l'omesso versamento di premi rapportati alle retribuzioni relative ai periodi in cui alcuni suoi dipendenti si erano assentati per cause diverse da ferie, malattia ed altre ipotesi di sospensione dell'attività lavorativa previste dalla legge e dal contratto collettivo.
La Corte d'Appello respinge la predetta domanda, sul presupposto che anche in caso di assenze non contrattualmente giustificate, il datore deve pagare il premio sulla retribuzione contributiva, che resta insensibile alla retribuzione effettivamente erogata.

La sentenza

La Cassazione, confermando quanto stabilito dalla Corte d’Appello, afferma, preliminarmente, che l'importo della retribuzione da assumere come base di calcolo dei contributi previdenziali non può essere inferiore all'importo di quella che ai lavoratori di un determinato settore sarebbe dovuta in applicazione dei contratti collettivi stipulati dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative su base nazionale (c.d. "minimale contributivo").

Per la sentenza, detta regola deriva dal principio di autonomia del rapporto contributivo rispetto alle vicende dell'obbligazione retributiva, ben potendo l'obbligo contributivo essere parametrato ad un importo superiore a quanto effettivamente corrisposto dal datore di lavoro.

Secondo i Giudici di legittimità, tale principio opera, inoltre, sia con riferimento all'ammontare della retribuzione c.d. contributiva, sia con riferimento all'orario di lavoro da prendere a parametro, che dev'essere quello stabilito dalla contrattazione collettiva o dal contratto individuale se superiore.
Infatti, nel caso in cui i lavoratori ricevessero una retribuzione per un numero di ore inferiore rispetto a quello coincidente con il normale orario di lavoro e la contribuzione fosse a ciò parametrata, non sarebbe rispettato il minimo contributivo.

Su tali presupposti, la Suprema Corte respinge il ricorso proposto dal datore di lavoro, condannando il medesimo a versare i contributi richiesti dall’INAIL mediante l’impugnato verbale di accertamento.

A cura di Fieldfisher