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Dal 5 maggio nuova disciplina dei contratti a termine con causali meno rigide


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1. L’art. 24 del DL 4 maggio 2023 n 48 , intitolato a “Disciplina del contratto di lavoro a termine”, modifica sostanzialmente la regolamentazione dei contratti di lavoro a tempo determinato, sostituendo le lettere a) e b) dell’art. 19 del decreto legislativo sui contratti di lavoro (d.lgs. n. 81/2015). 

Come è noto, al contratto di lavoro può essere liberamente apposto un termine finale a condizione che il contratto stesso non abbia una durata superiore a dodici mesi. 

Fino al 4 maggio 2023, il contratto a termine poteva avere una durata superiore a 12 mesi e non eccedente i 24 mesi, a condizione che ricorresse una delle seguenti condizioni: “a) esigenze temporanee e oggettive, estranee all'ordinaria attività, ovvero esigenze di sostituzione di altri lavoratori; b) esigenze connesse a incrementi temporanei, significativi e non programmabili, dell'attività ordinaria”

A partire dal 5 maggio 2023, ossia dall’entrata in vigore del decreto legge n.48/2023, ferma restando la possibilità di stipulare liberamente contratti a termine di durata non superiore a 12 mesi, è possibile stipulare contratti a termine di durata superiore a 12 e comunque non eccedente 24 mesi: 

a)nei casi previsti dai contratti collettivi di cui all’art. 51 del d.lgs. n. 81/2015 e, quindi, da " contratti collettivi nazionali, territoriali o aziendali stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e … contratti collettivi aziendali stipulati dalle loro rappresentanze sindacali aziendali ovvero dalla rappresentanza sindacale unitaria”

b)qualora i predetti contratti collettivi non abbiano previsioni che diano seguito al rinvio operato dal decreto legge , l’individuazione delle situazioni in grado di legittimare l’apposizione di termini superiori a 12 mesi e non eccedenti i 24 viene rimessa a: 

-“contratti collettivi applicati in azienda”. Sembra derivarne che anche contratti collettivi non sottoscritti dagli agenti negoziali considerati dall’art. 51 del d.lgs. n. 81/2015 potranno tipizzare situazioni idonee a legittimare l’apposizione di termini più ampi (da 12 a 24 mesi); 

- " accordi fra le parti del contratto individuale di lavoro ", ma con due limiti. Il primo è temporale: la facoltà delle parti individuali di procedere alla individuazione di casi in cui è possibile sottoscrivere contratti a termine di durata superiore a 12 mesi fino a 24 potrà essere esercita entro il 30 aprile 2024. Il secondo limite è, per così dire, di merito: potrà essere prefigurato il superamento dei 12 mesi ma “per esigenze di natura tecnica organizzativa o produttiva individuate dalle parti”. Viene così riecheggiata la formula a suo tempo adottata dal d.lgs n. 368/2001 (“E' consentita l'apposizione di un termine alla durata del contratto di lavoro subordinato a fronte di ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo …”). 

Formula, questa, che fu occasione di un notevole contenzioso, che ora il nuovo decreto legge n. 48/2023 sembra voler prevenire affermando che le “esigenze”, che in qualche modo motivano i contratti a termine, sono “individuate dalle parti”, così puntando ad esorcizzare interferenze esterne. 

Il rinvio ai contratti individuali non traspare con assoluta chiarezza dal nuovo testo legislativo, ma è stata già avvalorata da primi commenti. 

Le disposizioni introdotte dal decreto legge n. 48/2023 si collocano, come prospettato, all’interno dell’art. 19 del decreto sui contratti. Tale articolo fa riferimento al contratto individuale di lavoro ed è questo l’elemento che sembra essere presupposto delle prime interpretazioni del nuovo provvedimento. 

2. A stregua del recente decreto, termini del contratto di lavoro subordinato che superano i 12 mesi fino a 24 possono trovare applicazione anche con riferimento a contratti riguardanti “la sostituzione di altri lavoratori” (come, peraltro, già previsto). 

3.Il decreto legge n. 48/2023 sostituisce anche la lettera b-bis del citato art. 19 del decreto legislativo sui contratti e abroga il comma 1.1. dello stesso articolo, che costituiscono un precedente della scelta di rinviare ai contratti collettivi compiti di regolazione dei rapporti di lavoro a tempo determinato (precedente, peraltro, scaduto già prima dell’avvento del decreto n. 48/2023, avendo operato solo fino al 30 settembre 2022). 

Della previgente normativa il decreto mantiene : 

  • la possibilità di stipulare un contratto a tempo determinato senza il bisogno di giustificarne le ragioni quando la durata non eccede i 12 mesi ; 
  • la disciplina delle proroghe e dei rinnovi e quella della durata massima non eccedente i 24 mesi ; 
  • la possibilità di accertare la sussistenza di ragioni tecniche, organizzative e produttive che richiedono la necessità di prevedere un contratto della durata superiore a 24 mesi, ed entro il limite dei 36, presso le sedi territoriali dell' Ispettorato Nazionale del Lavoro ( cd. Contratto in deroga assistita ) ; 
  • i limiti numerici dei lavoratori a termine in proporzione all'organico a tempo indeterminato in forza al 1° gennaio dell'anno di assunzione ; 
  • le esenzioni ai limiti numerici in caso di : avvio di nuove attività per i periodi definiti dai contratti collettivi ; attività stagionali ; sostituzione di lavoratori assenti ; lavoratori over 50;
  • le addizionali che il datore di lavoro è tenuto a pagare in caso di rinnovi del contratto a termine.