La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 167 del 13.11.2025, ha stabilito che il meccanismo di “raffreddamento” della perequazione automatica dei trattamenti pensionistici superiori a quattro volte il minimo INPS, previsto dall’art. 1, c. 309, della L. 197/2022 (L. di Bilancio 2023), non introduce un prelievo di natura tributaria.
La norma oggetto di censura ha previsto , per l’anno 2023, un meccanismo di perequazione automatica ridotta per i trattamenti pensionistici superiori a quattro volte il minimo INPS. La rivalutazione viene riconosciuta in misura decrescente, dal 85% al 32%, in base all’importo della pensione; pieno è garantito solo per le pensioni più basse.
In merito la Corte dei Conti, sezione giurisdizionale per la Regione Emilia-Romagna, in composizione monocratica, aveva dubitato della compatibilità della disposizione con i principi di eguaglianza tributaria, di ragionevolezza e temporaneità, previsti dagli articoli 3 e 53 della Costituzione.
Nella sentenza la Corte ha ribadito principi già espressi in precedenti pronunce, dove erano stati scrutinati meccanismi anche più severi di rallentamento – e finanche di azzeramento – dell’adeguamento delle pensioni alla dinamica inflazionistica.
Ha, quindi, escluso la ricorrenza dei requisiti enucleati dalla giurisprudenza costituzionale per poter qualificare una fattispecie come avente natura tributaria.
In particolare, la rivalutazione comunque accordata dalla disposizione censurata non configura una decurtazione del patrimonio del soggetto passivo, nonostante il “trascinamento” nel tempo dei relativi effetti. La pensione già percepita, infatti, viene comunque incrementata, seppure in percentuale più bassa rispetto al regime ordinario di perequazione automatica.
Inoltre, la disposizione mira a conseguire un risparmio sulla spesa pensionistica e non anche a produrre l’effetto tipico di ogni fattispecie tributaria, consistente in un incremento di risorse destinato a finanziare direttamente pubbliche spese.
Infine, la Corte ha precisato che, diversamente da quanto sostenuto dalla Corte rimettente, il principio di necessaria temporaneità è stato sancito nella giurisprudenza costituzionale con riferimento al cosiddetto “contributo di solidarietà” imposto ai trattamenti pensionistici più elevati, che è istituto ben diverso rispetto ai meccanismi di riduzione dell’adeguamento all’inflazione. Tali meccanismi devono piuttosto risultare conformi ai principi di ragionevolezza, proporzionalità e adeguatezza, e tale giudizio di conformità è già stato espresso dalla sentenza n. 19/2025 sulla misura in esame.
La Corte ha, tuttavia, ribadito l’invito già rivolto al legislatore affinché in futuro:
(a) si tenga conto degli effetti prodotti dalla disposizione in esame, nel regolare la portata di eventuali successive misure incidenti sull’indicizzazione dei trattamenti pensionistici,
(b) il regime ordinario di perequazione automatica delle pensioni venga interessato con estrema prudenza da cambiamenti improvvisi, incidenti in senso negativo sui comportamenti di spesa delle famiglie,
(c) si adotti un approccio diversamente calibrato rispetto ai pensionati soggetti al sistema contributivo, quest’ultimo caratterizzato dalla tendenziale corrispettività tra montante contributivo e misura del trattamento previdenziale liquidato.
Fonte : Corte Costituzionale
