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Whistleblowing e informazioni aziendali: dalla l. n. 179/2017 al d.lgs. n.24/2023


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Il sistema di segnalazione di illeciti interno alle aziende - La legge n. 179/2017 - “Disposizioni per la tutela degli autori di segnalazioni di reati o irregolarità di cui siano venuti a conoscenza nell’ambito di un rapporto di lavoro pubblico o privato” – ha mostrato di credere molto all’utilità di “ segnalazioni ” che incrementino il bagaglio informativo degli organismi che, a stregua del decreto legislativo n. 231/2001, all’interno delle aziende private sono impegnati nella prevenzione dei reati considerati dallo stesso decreto. 

La legge, oltre a regolare direttamente il sistema delle “segnalazioni” da inserire nel modello di organizzazione e gestione di cui al predetto d.lgs. n. 231/2001, si è occupata anche dei presupposti di applicazione di altre disposizioni - art. 2105 c.c., art. 622 c.p, art. 623 c.p. - che normalmente presidiano la non circolazione di informazioni che è interesse delle aziende mantenere riservate. 

Su questi aspetti è ora intervenuto il decreto legislativo 10 marzo 2023, n.24, che attua la Direttiva (UE) riguardante la protezione delle persone che segnalano violazioni del diritto dell’Unione nonché la protezione delle persone che segnalano violazioni delle normative nazionali. 

Concentrando l’attenzione sugli specifici riflessi del nuovo decreto legislativo sul tema delle notizie e informazioni riservate, è utile seguire i seguenti passaggi, avendo da subito presente che il decreto legislativo n.24/2023 abroga , sia pure non immediatamente, l’art. 3 della legge n. 179/2017. 

L’art. 2105 c.c. come fonte di un obbligo riservatezza del lavoratore - Come è noto, l’art. 2105 c.c., relativo al cosiddetto “segreto aziendale”, chiede al lavoratore di non “… divulgare notizie attinenti all’organizzazione e ai metodi di produzione dell’impresa, o farne uso in modo da poter recare ad essa pregiudizio”. Si tratta di un obbligo funzionale alla protezione della capacità concorrenziale dell’impresa e, quindi, della sua posizione nel mercato, l’inosservanza del quale “… può dar luogo all’applicazione di sanzioni disciplinari, secondo la gravità delle infrazioni …” (art. 2106 c.c.). 

L’imprenditore, nello sviluppo della sua attività, costruisce una particolare organizzazione e particolari accorgimenti e processi tecnici. L’art. 2105 intende difendere quanto caratterizza l’azienda rispetto alle imprese concorrenti, considerando sanzionabile il comportamento del lavoratore che, tramite il trasferimento di informazione ad altri, tenda ad annullare il proprium organizzativo e tecnico dell’impresa di sua appartenenza. 

Più volte la giurisprudenza ha ritenuto che il lavoratore non viola doveri di lealtà e correttezza verso il datore di lavoro ove trasmetta informazioni riguardanti l’impresa da cui dipende per fini in senso lato di giustizia. Così, ad esempio, la Cassazione, in relazione al comportamento di un lavoratore consistito nell’aver copiato la distinta di una spedizione di merce venduta a terzi dalla società datrice di lavoro senza relativa documentazione fiscale e nell’aver trasmesso la fotocopia alla Guardia di finanza, ha sottolineato che “… l’obbligo di cui all’art. 2105 e quelli ad esso collegati di correttezza e buona fede devono essere considerati funzionali soltanto in relazione ad una attività lecita dell’imprenditore, non potendosi di certo richiedere al lavoratore la osservanza di detti obblighi, nell’ambito del dovere di collaborazione con l’imprenditore, anche quando quest’ultimo intende perseguire interessi che non siano leciti …” (Cass.12528/2004). In altri casi, la Cassazione, avendo presente che il lavoratore aveva depositato in giudizio documenti aziendali al fine di sostenere proprie rivendicazioni nei confronti dell’azienda, ha sostenuto la prevalenza del diritto di difesa su eventuali esigenze di segretezza dell’azienda (ferma restando la necessità di verificare con rigore la legittimità del modo in cui il lavoratore si era impossessato dei documenti). La stessa Cassazione, inoltre, ha anche sottolineato che la scelta del lavoratore di avvalersi dei documenti aziendali inserendoli nel fascicolo depositato in cancelleria non poteva considerarsi equivalente ad una “… divulgazione (id est, di rendere noto a tutti, o ad una vasta cerchia di persone, un fatto o un contenuto di uno scritto) dei documenti aziendali” …”. 

La “giusta causa” di possibile arricchimento del contenuto informativo delle “segnalazioni” effettuate dal whistleblower a stregua dell’art. 3 della legge n. 179/2017 -  Richiamando l’art. 2105, l’art. 3 della l. 179/2017 ha previsto che, nelle segnalazioni effettuate nelle forme e nei limiti definiti dai “modelli di organizzazione e di gestione” di cui all’art. 6 del d.lgs. 231/2011 come integrato dalla stessa l. 179, il lavoratore, che si attiva come segnalante, non incontra il limite del segreto aziendale.

Come in particolare afferma il predetto art. 3, il perseguimento delle finalità generali di cui alla stessa legge (integrità delle imprese, prevenzione e repressione degli illeciti), a cui le “segnalazioni” sono funzionali, “… costituisce giusta causa di rivelazione di notizie coperte dall’obbligo di segreto di cui … all’articolo 2105 del codice civile”. Il lavoratore, che effettua la segnalazione, può inserivi anche notizie “... attinenti all’organizzazione e ai metodi di produzione dell’impresa …” senza gli si possa eccepire che per questo non ha rispettato l’art. 2105 c.c. Alla luce di quanto espressamente previsto dall’art. 2105 e degli orientamenti giurisprudenziali sopra richiamati, relativi a fattispecie diverse ma ugualmente rilevanti ai fini della valutazione della più recente normativa, si può senz’altro osservare che la precisazione fornita dalla l. 179 non si poneva più di tanto in conflitto con la disposizione del codice civile che tradizionalmente concorre a conformare il contenuto obbligatorio del rapporto di lavoro. 

Veicolando nella segnalazione delle informazioni che in generale sono coperte da segreto, il lavoratore le affida a soggetti che, nel trattarle, sono a loro volta tenuti alla riservatezza verso l’esterno e, quindi, non può proprio dirsi che il lavoratore segnalante le divulghi in maniera indiscriminata e incontrollabile e, in particolare, non può dirsi che le trasmetta ad altre aziende che magari potrebbero avvalersene in una prospettiva di concorrenza sleale. Come risulta anche dalla giurisprudenza citata, conta molto la finalità perseguita e, nel caso delle segnalazioni, la finalità è di interesse generale, quale è quella della prevenzione e della repressione degli illeciti. Nel caso delle “segnalazioni”, il riconoscimento di una “giusta causa” di trasmissione di notizie da tenere altrimenti riservate è, in effetti, (da dare per) scontata. 

La “giusta causa” e il segreto professionale - Per espressa previsione della l. 179/art. 3, la “giusta causa” è stata considerata presente anche se oggetto di comunicazione attraverso un canale di cui al modello 231 fossero notizie, di per sé, oggetto di “segreto professionale” tutelato dall’art. 622 c.p. 

L’art. 622, che per l’appunto sanziona la “rivelazione del segreto professionale”, presuppone situazioni in cui il soggetto che rivela le informazioni riservate le ha acquisite non casualmente ma direttamente in ragione del proprio ufficio, ossia nell’esercizio delle funzioni che svolge ed a causa di esse. 

Si tratta, in sostanza, di un reato proprio, ossia di un reato che può commesso solo da soggetto affidatario del segreto (come nella sentenza n. 17806/2017 della Cassazione, in cui è stata confermata la violazione dell’art. 622 per avere l’imputato comunicato all’esterno informazioni riguardanti i prezzi praticati da alcuni fornitori che lo stesso conosceva nella sua qualità di “credit manager” e di cui gli altri dipendenti dell’azienda, in base alle loro diverse mansioni, non erano in grado di avere conoscenza). Lo stesso articolo aggrava la pena se la rivelazione del segreto professionale è posto in essere da amministratori, direttori generali, dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, sindaci, liquidatori, revisori contabili. 

Al di là del ruolo di chi procede alla rivelazione del segreto, l’art. 622 espressamente afferma che l’illecito non sussiste ove sussista una “giusta causa” che motivi la rivelazione. 

Con tale previsione del codice penale, la l. 179 si combina agevolmente tipizzando, come si è già accennato, una “giusta causa” e facendola coincidere con una “segnalazione” a stregua del modello del decreto 231. 

La “giusta causa” e il segreto scientifico e industriale - L’art. 623 c.p., indipendentemente dall’esistenza di brevetti, tutela il segreto scientifico, ossia le scoperte e le invenzioni scientifiche, nonché il segreto industriale, a sua volta inteso come “applicazioni industriali” individuate dalla giurisprudenza in “ … un quid novi di indubbia utilità nell’ambito delle produzioni industriali “che proprio per la sua utilità fa emergere l’interesse alla segretezza (Cass. 6577/2004). In dottrina, delle “applicazioni industriali” si parla come delle attuazioni pratiche e concrete delle scoperte e delle invenzioni scientifiche. Come l’art. 622, anche l’art. 623 è un reato proprio. Possibile soggetto del reato è chi è venuto a conoscenza del segreto per ragioni del suo “ufficio”. Ebbene, anche a proposito dell’art. 623, la l. 179/art. 3 ha seguito lo stesso schema, consentendo di veicolare nei “canali” di cui ai modelli 231 anche informazioni facenti parte dei segreti scientifici e industriali. 

La prossima abrogazione dell’art. 3 della l. 179/2017 - Il decreto legislativo n. 24 dello scorso 10 marzo, puntando a porsi come fonte diretta ed esaustiva di regolazione del whistleblowing in Italia in coerenza con la Direttiva dell’Unione, introduce diverse novità rispetto alla disciplina nazionale già prevista dalla l. 179/2017. 

Questo, a seconda dei casi, comporta la modifica o l’abrogazione di disposizioni nazionali che già si occupavano del tema.

Così, a partire dal 15 luglio 2023, entrerà in vigore una nuova versione del comma 2-bis dell’art.6 del d.lgs. n. 231/2001, relativo ai canali utilizzabili per l’effettuazione delle segnalazioni nella aziende che adottano il modello 231. Nuova versione che si limiterà a rinviare a quanto previsto in proposito direttamente dal d.lgs. n. 24. 

A partire dal 15 luglio 2023, saranno abrogate i commi 2-ter e 2-quater del predetto art. 6, ugualmente a vantaggio della espansione della disciplina recata dal nuovo decreto di attuazione della Direttiva.

Ugualmente destinato all’abrogazione, con effetto dal 15 luglio 2023, è l’art. 3 della legge 179/2017 che, come abbiamo visto, si è posto come fonte della legittimazione del possibile inserimento di notizie e informazioni riservate nelle segnalazioni effettuate dal whistleblower

In considerazione della imminente abrogazione, si pone pertanto l’esigenza di verificare se nel nuovo decreto legislativo si rinvengano, o meno, disposizioni che assicurino una analoga legittimazione. 

A tal proposito, è da considerare l’art. 20 del nuovo decreto che, intitolato a “Limitazioni della responsabilità”, considera non punibile e altresì esente da responsabilità civile e amministrativa, l’ente o la persona che “… riveli o diffonda informazioni sulle violazioni coperte dall’obbligo di segreto …”( diverso dal segreto professionale forense o medico) e ciò in presenza di fondati motivi per ritenere che la rivelazione o la segnalazione siano necessarie per svelare atti od omissioni lesive dell’interesse pubblico o dell’integrità dell’amministrazione pubblica o dell’ente privato e a condizione che la segnalazione, la divulgazione pubblica o la denuncia all’autorità giudiziaria vengano effettuate conformemente a quanto previsto dal decreto. 

Formulazione, questa dell’art. 20, su cui occorrerà riflettere con attenzione, in particolare per il riferimento alla “divulgazione pubblica”.

a cura di Fieldfisher