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Taglio del cuneo fiscale , già tempo di correttivi ? Chi guadagna e chi perde.


Come cambia la busta paga con il nuovo meccanismo di riduzione del cuneo fiscale ? Un primo riscontro può essere fatto controllando le prime buste paga dell’ anno, ma non basta perché altre sorprese potrebbero arrivare in sede di conguaglio della dichiarazione dei redditi.

Il nuovo taglio del cuneo fiscale - Con l’entrata in vigore della Legge di bilancio 2025, il Legislatore è voluto intervenire sulla riduzione del cuneo fiscale , ovvero la differenza tra lordo e netto in busta paga tenuto conto delle trattenute contributive e fiscale, passando da un meccanismo di decontribuzione previdenziale ad un sistema di defiscalizzazione, più complesso, che prevede un trattamento integrativo per redditi fino a 20.000€ e detrazioni per le fasce reddituali da 20.000 € a 40.000 €.

Nel 2024 il meccanismo di calcolo era molto semplice. La base era l’imponibile previdenziale e si applicava uno sconto del 7% fino a 25.000 euro (pari a 1.923 euro mensili, parametrati su 13 mensilità) oppure 6% fino a 35.000 euro annui (pari a euro 2.692 mensili, sempre su 13 mensilità) sui contributi del 9,19% dovuti dal lavoratore dipendente in busta paga con esclusione della tredicesima mensilità.  

Al fine  di rendere strutturali le misure di alleggerimento del cuneo, vista la volontà di non continuare ad avvalersi della decontribuzione con possibili pregiudizi per i conti del sistema previdenziale, per il 2025 il Governo ha ritenuto  preferibile operare attraverso uno strumento fiscale ampliando ulteriormente  il beneficio a fasce di reddito prima escluse fino a 40.000 € di reddito ( rispetto ai 32.000 € del 2024 ). Il riferimento è diventato l’imponibile fiscale ( reddito complessivo comprensivo anche di eventuali altri redditi oltre a quello da lavoro dipendente come redditi fondiari , terreni e fabbricati , pensione , lavoro , autonomi ecc. ecc. ) sul quale si applicano due misure differenti:

  • un trattamento integrativo con percentuale che decresce al crescere del reddito:
    • 7,1% fino a 8.500 euro;
    • 5,3% tra 8.501 e 15.000 euro;
    • 4,8% tra 15.001 e 20.000 euro;
  • oppure un sistema di detrazioni che risultano:
    • in misura fissa , pari a 1.000 euro per i redditi da 20.001 a 32.000 euro;
    • in misura variabile, per i redditi compresi tra 32.001 e 40.000 euro, con décalage che riduce progressivamente i benefici fino a zero.

Nel definire le nuove misure si è cercato di assicurare per ciascun livello di retribuzione un beneficio pari a quello del 2024 ma, come dimostrano diverse simulazioni, l’obbiettivo non è stato raggiunto, vuoi anche per l’oggettiva complessità dell’ intervento sul piano tecnico.

Come cambiano i calcoli - Per stimare gli effetti del passaggio dalla decontribuzione alla fiscalizzazione, la Cgil nazionale assieme al Consorzio Nazionale Caaf-Cgil, nei giorni scorsi ha effettuato una nuova e accurata simulazione sui redditi da lavoro dipendente. La simulazione evidenzia , in particolare, come la trasformazione di uno sgravio contributivo in sgravi fiscali differenziati non metta al riparo tutti i redditi dalla perdita dei precedenti benefici e finisca, anzi, per incidere negativamente sul netto della maggior parte dei redditi sotto i 35 mila euro. I maggiori benefici sono registrati, invece, da quella platea di 1,3 milioni di contribuenti con reddito compreso tra 35.000 e 40.000 € che non avevano ricevuto la riduzione contributiva nel 2024.

La simulazione tiene conto delle numerose variabili che intervengono tra le due annualità (v. taglio del cuneo contributivo, scaglioni di aliquota, detrazione per lavoro dipendente, trattamento integrativo,   bonus e ulteriori detrazione).  Non potendo prendere in considerazione tutti redditi che concorrono a definire il reddito complessivo, è stato considerato il reddito di un lavoratore dipendente a tempo indeterminato, occupato per l’intero anno, con la tredicesima mensilità, in un’impresa privata sotto i 15 dipendenti.  

Inoltre l’incidenza della addizionali regionali e comunali, pur essendo rilevante, non è stata considerata nell’elaborazione per via dell’estrema variabilità da territorio a territorio. Pertanto, gli importi stimati nella tabella sono oltretutto da considerare per difetto. [ TABELLA SIMULAZIONE COMPLETA ]

Il buco degli incapienti – Dall’ elaborazione emerge che la maggior parte dei redditi sotto il tetto dei 35 mila euro di imponibile previdenziale nel 2025 subiranno una riduzione del salario netto rispetto al 2024. In particolare, le maggiori perdite si concentrano sui redditi più bassi  a partire dalla soglia della no tax area, pari a 8.500, sino a 9.000 euro di imponibile annuo perché viene a mancare anche il trattamento integrativo pari a 1.200 euro. [ TRATTAMENTO INTEGRATIVO IN BUSTA PAGA : COS’E’ E A CHI SPETTA ]

Introdotto dal Decreto-Legge n. 3 del 5 febbraio 2020, in sostituzione del precedente  bonus Renzi, il trattamento integrativo è riconosciuto ad oggi in misura di 100 euro per dodici mensilità ai contribuenti con un reddito fino i 15.000, a condizione che l’imposta lorda sia superiore all’ammontare della detrazione per lavoro dipendente ( di 1.955 euro ), diminuita dell’importo di 75 euro (quindi pari a 1.880 euro) in rapporto al periodo di lavoro svolto nell’anno. Laddove l’ imposta lorda non supera l’importo di 1880 euro il beneficio è escluso per incapienza. 

Nonostante quest’ultima non sia una novità normativa, i lavoratori che hanno un imponibile previdenziale compreso tra 8.500 e 9.000 euro in entrambi gli anni, non essendo più coperti dal taglio del cuneo contributivo e dal conseguente aumento dell’imponibile fiscale, nel 2025 risulteranno incapienti e, di conseguenza, non beneficeranno del trattamento integrativo. Un problema che crea un evidente perdita economica proprio per le fasce più deboli sul quale il Governo sta riflettendo allo scopo di porvi rimedio.

Già tempo di correttivi ? - Già il 29 gennaio scorso il MEF, con due risposte alle interrogazioni n. 5-03432 e n. 5-03433 in Commissione Finanze alla Camera, ha preso atto degli effetti sperequativi legati all’ abbattimento del cuneo giustificandosi che “ non è stato possibile introdurre una clausola di salvaguardia che consentisse a ciascun contribuente di mantenere esattamente gli stessi benefici del 2024. Questo avrebbe comportato il mantenimento di due sistemi fiscali , contributivi e agevolativi , e sotto il profilo normativo, l’opzione per ciascun contribuente di scegliere per le misure agevolative ritenute più convenienti, introducendo elementi di incertezza, scarsa trasparenza e estrema complicazione “.

Ad ogni modo il problema riguarderebbe una ristretta cerchia di contribuenti  in quanto “ si tratta di un numero assai limitato di soggetti e di una platea che normalmente cambia composizione ogni annno per motivi legati a dinamiche reddituali ( nuovi ingressi ; aumento delle retribuzioni ; ore lavorate e straordinari in misura maggiore o minore ).” Il Mef si è ripromesso, infine , di valutare una modifica ai criteri di spettanza del trattamento integrativo ma al momento una soluzione non è stata ancora individuata. Nel frattempo è emerso un ulteriore problema relativo all’applicazione delle vecchie aliquote a 4 scaglioni, ormai superate dalla riforma, che andrebbero a penalizzare ulteriormente i contribuenti in fase di versamento degli acconti 2025. Il Governo si è ripromesso di risolvere le due questioni congiuntamente ma al momento non vi sono notizie a riguardo [ Acconto IRPEF : Governo promette intervento per consentire l’applicazione delle aliquote 2025 ].

Le buste paga del 2025 – Entrando nel dettaglio della simulazione, i dati illustrati nella tabella consentono di osservare come, pur partendo da imponibili previdenziali uguali nel 2024 e nel 2025 ( colonne A ), il passaggio dalla decontribuzione alla defiscalizzazione non sia neutro con significative  modifiche all’ imponibile fiscale ( colonna C ). Questo è il punto più critico della modifica del meccanismo - evidenziato nella tabella con la voce in rosso nel 2024 “(Y) Taglio cuneo” e nel 2025 “(Y1) Ulteriore detrazione/Décalage” e “(Y2) Bonus” - che determina diverse ripercussioni, alcune immediate sul netto mensile e altre posticipate conguaglio annuale dovute al fatto che si interviene in due fasi diverse del calcolo.

Per quanto concerne il netto in busta paga percepito da ciascun lavoratore in relazione a ciascuna fascia di reddito :

Con 8 mila euro di imponibile previdenziale la situazione in sostanza non cambia, il lavoratore perde appena 1,12 € l’ anno, mentre da 8.500 a 8.700 euro vengono meno ben 1.201 euro netti all’anno, 1.187 a quota 8.800, 1.165 a 8.900 e 1.142 euro con 9.000 euro di imponibile.  

Tra 9.100 e 9.300 si ottengono invece da 79 a 124 euro in più l’anno. Si passa poi da 9.400 a 15.400 euro con un ammanco di 15 e 25 euro l’anno.

Dai 15.500 sino a 16.500 il conto in busta paga torna in utile ottenendo a salire da 36,88 a 124,29 euro. Dai 16.600 ai 22 mila euro le differenze rispetto al 2024 sono minime con una perdita tra i 4-5 euro annui.

Tra 22.100 e 22.700 € si registra un aumento sul netto che va dai 5 a 31 euro in più in busta paga, poi torna il netto in perdita ( massimo 91 euro ) sino alla soglia di 24.900 euro.

Nella fascia dei 25 euro di nuovo piccoli vantaggi con un décalage progressivo da 60,5 a 26,77

Da 26.000 a 34.900 euro si alternano guadagni a perdite , per arrivare a quota 35 mila euro dove il guadagno sul 2024 si attesta a mille euro al mese.

Dai 35.300 in su parte poi il décalage previsto dall’ultima legge di Bilancio, per cui si passa dai più 913,55 euro con 36 mila euro di imponibile ai più 800 di quota 38 mila, ai più 459,5 euro con 40.000 euro, continuando a scendere di scaglione in scaglione sino ad arrivare ai 45 mila euro di imponibile quando si azzera del tutto l’effetto del taglio del cuneo.  

Rischio conguagli – Comprendere la convenienza o meno del nuovo taglio del cuneo fiscale non è quindi cosa immediata per tutti i lavoratori. Le fasce di reddito prima escluse riceveranno sicuramente un vantaggio ma in generale il nuovo meccanismo ha alcune ripercussioni immediate (sul netto mensile) e altre posticipate in sede di dichiarazione dei redditi, dove il professionista avrà contezza della situazione reddituale complessiva del contribuente e potrà eventualmente conguagliare gli importi non solo sul salario prodotto ma sull’intero reddito complessivo ottenuto nell’annualità.