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La pensione di reversibilità in favore del partner superstite di una coppia di fatto


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L’approfondimento “Erogazione della pensione di reversibilità in favore del partner superstite di una coppia di fatto” si occupa di esaminare la questione relativa al riconoscimento della pensione di reversibilità in favore del partner superstite di una coppia omosessuale non unita civilmente, con particolare attenzione alle recenti decisioni giurisprudenziali in materia.

1.Gli aventi diritto alla pensione di reversibilità.

L’art. 22 della legge 21 luglio 1965, n. 903 prevede l’istituto della pensione di reversibilità che, come noto, consiste in una prestazione erogata, a domanda, in favore dei familiari di assicurati o pensionati deceduti.

Il superstite matura il diritto alla pensione di reversibilità con il decesso del lavoratore già pensionato o, comunque, in possesso dei requisiti per il diritto alla pensione.

Sono reversibili tutte le pensioni erogate dall’INPS (vecchiaia, vecchiaia unificata, anzianità, inabilità, invalidità, pensione contributiva).

In particolare, l’art. 22 della legge 21 luglio 1965, n. 903 statuisce quanto segue:

“Nel caso di morte del pensionato o dell'assicurato, sempreché per quest'ultimo sussistano, al momento della morte, le condizioni di assicurazione e di contribuzione di cui all'art. 9, n. 2, lettere a) e b), spetta una pensione al coniuge e ai figli superstiti che, al momento della morte del pensionato o dell'assicurato, non abbiano superato l'età di 18 anni e ai figli di qualunque età riconosciuti inabili al lavoro e a carico del genitore al momento del decesso di questi”.

Dunque, la normativa legislativa in tema di prestazioni ai superstiti prevede che i soggetti aventi diritto alla pensione di reversibilità sono due: il coniuge e i figli.

In giurisprudenza, si è posta la questione se beneficiario della pensione di reversibilità possa essere anche il partner superstite di una coppia omosessuale non unita civilmente.

Come noto, lo status di coniuge è espressamente definito dal codice civile come quello acquisito da “marito” e “moglie” con il vincolo del matrimonio (art. 143 c.c. e segg.).

E’ pacifico, in dottrina come in giurisprudenza, che l’art. 12 delle disposizioni sulla legge in generale attribuisce prevalenza all’interpretazione letterale rispetto agli altri criteri ermeneutici (v. Cass. 4000/1982; Cass. n. 6907/1988; Cass. n. 7279/1991; Cass. n. 11359/1993), il cui impiego assume carattere sussidiario a causa della loro funzione ausiliaria e secondaria.

Una interpretazione letterale del dettato legislativo lascia propendere per l’esclusione del convivente di fatto dal diritto a beneficiare della pensione di reversibilità, che può essere riconosciuta solo a chi riveste lo status di coniuge.

Sulla questione dell’estensione alle coppie omosessuali non unite civilmente dell’istituto della pensione di reversibilità si era espressa la Corte Costituzionale con sentenza n. 138/2010, in cui è stato affermato che:

a) nelle "formazioni sociali" di cui all'art. 2 Cost., deve comprendersi anche "l'unione omosessuale, intesa come stabile convivenza tra due persone dello stesso sesso", con la conseguenza che le singole persone componenti tale formazione sociale sono titolari del "diritto fondamentale di vivere liberamente una condizione di coppia", diritto fondamentale che, derivante immediatamente dall'art. 2, discende anche dall'art. 3 Cost., comma 1, laddove questo assicura la "pari dignità sociale" di tutti (i cittadini) e la loro uguaglianza davanti alla legge, "senza distinzione di sesso", e quindi vieta qualsiasi atteggiamento o comportamento omofobo e qualsiasi discriminazione fondata sull'identità o sull'orientamento omosessuale;

b) fermo il riconoscimento e la garanzia di tale diritto "inviolabile", qualsiasi formalizzazione giuridica della unione omosessuale "necessariamente postula una disciplina di carattere generale, finalizzata a regolare diritti e doveri dei componenti della coppia", con la conseguenza che, "nell'ambito applicativo dell'art. 2 Cost., spetta al Parlamento, nell'esercizio della sua piena discrezionalità, individuare le forme di garanzia e di riconoscimento per le unioni suddette";

c) deve essere escluso che l'aspirazione a tale riconoscimento giuridico "possa essere realizzata soltanto attraverso una equiparazione delle unioni omosessuali al matrimonio";

d) deve, comunque, ritenersi "riservata" alla stessa Core costituzionale "la possibilità d'intervenire a tutela di specifiche situazioni (come è avvenuto per le convivenze more uxorio: sentenze n. 559 del 1989 e n. 404 del 1988)", potendo accadere che, "in relazione ad ipotesi particolari, sia riscontrabile la necessità di un trattamento omogeneo tra la condizione della coppia coniugata e quella della coppia omosessuale, trattamento che questa Corte può garantire con il controllo di ragionevolezza".

Nel medesimo senso si è pronunciata anche la sentenza del 24 giugno 2010 della Corte Europea dei diritti dell’Uomo (Schalk e Kopf v. Austria), in cui viene ribadito il principio secondo cui spetta allo Stato, nell'esercizio della sua piena discrezionalità, individuare le forme di garanzia e di riconoscimento per le unioni omosessuali.

2. La legge sulle unioni civili.

La questione si è riproposta a seguito dell’entrata in vigore della legge 20 maggio 2016 n. 76, che ha introdotto nel nostro ordinamento l'istituto dell'unione civile tra persone dello stesso sesso.

Le unioni civili vengono costituite attraverso una dichiarazione effettuata di fronte all’Ufficiale di stato civile ed alla presenza di due testimoni.

La legge 76/2016, all’art. 1, comma 20, riconosce il diritto alla pensione di reversibilità al partner superstite di una coppia unita civilmente e formata da persone dello stesso sesso.

A seguito di tale novità legislativa, che come detto ha riconosciuto il diritto alla pensione di reversibilità in favore del partner di una coppia omosessuale unita civilmente, si è posta la questione se tale norma sia applicabile retroattivamente e se consenta il riconoscimento del diritto alla pensione di reversibilità anche in favore del partner superstite di una coppia di fatto che non aveva potuto usufruire dell’istituto dell’unione civile per il decesso di uno dei membri prima dell’entrata in vigore della legge.

In particolare, il problema che si è posto è se, al fine di veder riconosciuto al partner superstite di una coppia di fatto il diritto alla pensione di reversibilità, anche a seguito delle ultime novità legislative, fosse necessario sollevare questione di legittimità costituzionale davanti alla Corte costituzionale, unico organo giurisdizionale legittimato a valutare, sulla base di un giudizio di ragionevolezza, la legittimità della previsione che attribuisce il diritto alla pensione di reversibilità esclusivamente al partner di una coppia omosessuale unita civilmente, ovvero se un siffatto potere spetti al giudice ordinario.

Sulla questione si segnalano due orientamenti giurisprudenziali di senso opposto.

Con sentenza n. 659 del 10 aprile 2017, il Giudice del lavoro del Tribunale di Milano ha affermato che il giudice di merito non ha il potere di riconoscere il diritto alla pensione di reversibilità in presenza di una convivenza more uxorio tra persone dello stesso sesso ed in assenza di matrimonio ovvero di unione civile, essendo tale potere in capo esclusivamente allo Stato, cui competete il potere/dovere di adottare gli istituti di tutela delle coppie omosessuali ritenuti più idonei.

Di contrario avviso è, invece, la Corte di Appello di Milano, che con sentenza n. 1005/2018, pubblicata il 26/7/2018, ha dichiarato il diritto del partner superstite di una coppia di fatto a percepire la pensione di reversibilità, facendo rientrare nella nozione di vita familiare anche la relazione di una coppia omosessuale non unita civilmente.

In particolare, secondo la Corte di Appello di Milano, l’avvenuto riconoscimento da parte della Corte costituzionale di una stabile unione familiare come “formazione sociale”, tutelata dall’art. 2 Cost., comporterebbe il riconoscimento al partner superstite di una coppia omosessuale, non unita civilmente a causa della morte del compagno prima dell’entrata in vigore della legge n. 76/2016, del diritto al trattamento pensionistico di reversibilità.

Tale riconoscimento secondo la Corte non necessiterebbe di un intervento del legislatore ovvero della Corte Costituzionale, potendo la questione essere discrezionalmente risolta dal giudice comune.

Alla luce di quanto esposto, attesa la controversa questione posta al vaglio della giurisprudenza e i diversi orientamenti che si sono formati, sembra che, sul punto, sia inevitabile l’intervento chiarificatore del legislatore.

Avv. Maria Amalia Raimondo Fieldfisher