Con l’ordinanza n. 9284 del 08.04.2025, la Cassazione afferma che la presentazione della domanda di pensione di vecchiaia e il conseguimento della stessa (in pendenza di un’impugnativa giudiziale del licenziamento) costituiscono fatti ostativi alla reintegrazione e impediscono anche la possibilità di chiedere l’indennità alternativa alla reintegra.
Il fatto affrontato
La Corte d’Appello accoglie l’impugnativa giudiziale del licenziamento del lavoratore e dichiara il diritto dello stesso alla reintegra.
Avverso la predetta pronuncia, la società propone ricorso per cassazione, deducendo – tra le altre cose – la non debenza della indennità sostitutiva della reintegra a fronte del pensionamento del dipendente.
L’ordinanza
La Cassazione – nel ribaltare la pronuncia di merito – rileva, preliminarmente, che l’effettivo accesso al trattamento di vecchiaia rende impossibile la reintegrazione sul posto di lavoro.
Al contrario, continua la sentenza, non è a tal fine rilevante il conseguimento della pensione di anzianità.
Secondo i Giudici di legittimità, dunque, in caso di declaratoria giudiziale di illegittimità del recesso, il datore non può essere condannato al pagamento dell’indennità pari a quindici mensilità, sostitutiva della reintegra, in ipotesi di (concreta impossibilità della reintegrazione per) pensionamento di vecchiaia del lavoratore.
Su tali presupposti, la Suprema Corte accoglie il ricorso proposto dalla società.
A cura di WST